A Tesero, “Un eroe”. Un film sociale perfetto

Giovedì 10 doveva iniziare la prima cinquina invernal-primaverile della rassegna “Il piacere del cinema”, di Tesero, ma gli accaniti cinefili che s’erano alzati dal divano per non perdere l’ultimo film di Wes Anderson “The French Dispatch”, dopo aver atteso una ventina di minuti, han dovuto fare dietrofront per un problema tecnico. Un tempo era l’attesa delle pizze delle pellicole a tenere a volte il fiato in sospeso. Oggigiorno le pizze cinematografiche non ci sono più, ma solo file che però, per essere attivati, devono avere un codice che non viene inviato dal possessore del disco rigido che contiene il film, ma da un non meglio precisato indirizzo d’oltremanica, come ci spiega la gestrice del cinema comunale di Tesero.

Fatto sta che, con in mano la valigetta del film, ma senza la chiavetta che non è stata spedita da chi di dovere, il film non si è potuto proiettare. Sarà recuperato in altra data.

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Intanto giovedì 17 sempre alle 21.15 al cinema teatro comunale di Tesero ci sarà, questa volta ne siamo sicuri, la seconda pellicola della rassegna: “Un eroe” del regista iraniano Asghar Farhadi. Asghar che è tornato a girare in Iran dopo Tutti lo sanno. Il film è stato premiato al Festival di Cannes, ha ottenuto 2 candidature a Satellite Awards, è stato premiato a National Board e ha ottenuto 1 candidatura a Critics Choice Award.

“Un film sociale perfetto – lo definisce My Movies – Rahim Soltani ha contratto un debito che non può onorare. Per questa ragione sconta da tre anni la pena in carcere. Separato dalla moglie, che gli ha lasciato la custodia del figlio, sogna un futuro con Farkhondeh, la nuova compagna che trova accidentalmente una borsa piena d’oro. Oro provvidenziale con cui ‘rimborsare’ il suo creditore. Rahim pensa di venderlo ma poi decide di restituirlo con un annuncio. La legittima proprietaria si presenta, l’oro è reso e il detenuto promosso al rango di eroe virtuoso dall’amministrazione penitenziaria che decide di cavalcare la notizia, mettendo a tacere i recenti casi di suicidio in cella. Rahim diventa improvvisamente oggetto dell’attenzione dei media e del pubblico. Ma l’occasione di riabilitare il suo nome, estinguere il debito e avere una riduzione della pena, diventa al contrario il debutto di una reazione a catena dove ogni tentativo di Rahim di provare la sua buona fede gli si ritorcerà contro.

Attraverso il destino di Rahim e della sua impossibile redenzione, Farhadi avvia un’implacabile meccanica che concentra tutti i difetti di un regime che ha eretto il perdono e la redenzione a virtù pubbliche e mediatiche. Come in tutti i suoi film, il protagonista è alle prese con un dilemma etico e come ogni volta il regista pratica un pessimismo morale che condanna i suoi personaggi ancora prima che i titoli comincino. Rahim Soltani non fa eccezione e si dibatte inutilmente. La sua parabola finisce dove tutto è cominciato, nella prigione da cui esce ‘in licenza’ disegnando la geometria sociale di un Iran ossessionato dall’integrità di facciata e esasperato da incessanti negoziazioni, amplificate dall’intervento a gamba tesa dei social network”.

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