Pubblicato nel 2015
Se c’è un nome che più di tutti ha segnato la storia e il destino di Passo Rolle è sicuramente quello di Alfredo Paluselli: istrionico, visionario, poeta e artista, a tratti burbero e scontroso, solitario ma allo stesso tempo dotato di un forte spirito filantropico. Chi lo ha conosciuto lo ricorda in quelle che possono sembrare contraddizioni ma che in realtà sono parti di una personalità complessa quanto profonda, che hanno reso la vita del pioniere delle Dolomiti e custode del Cimon della Pala quasi leggendaria.
La sua è una storia d’altri tempi ma moderna più che mai: lasciare il natio paesello per conoscere il mondo, le lingue, maturare esperienze con le quali tornare a casa e realizzare qualcosa a servizio della comunità e del territorio. Forse nulla di straordinario agli occhi di un giovane d’oggi, ma per un ragazzo nato nel 1900 a Ziano di Fiemme un’impresa non da poco.
Cresciuto, per via degli impegni lavorativi del padre, tra Svizzera e Germania, impara presto francese e tedesco. Nel 1925 il ritorno in Valle di Fiemme, ma solo per ripartire a breve: da Genova si imbarca da clandestino verso gli Stati Uniti. Scoperto, i marinai, che presto si affezionano a questo ragazzo simpatico e dal cuore grande, gli permettono di restare a bordo. In America si innamora della vivacità della capitale del jazz New Orleans, dove vive fino al 1927, quando decide di tornare in Italia. Prima a Milano come traduttore, poi il richiamo, forte, della sua terra. Qui si dedica alla diffusione della pratica sportiva tra i giovani e all’apertura della prima scuola di sci delle Dolomiti, a Passo Rolle.
Ed è proprio il Passo Rolle, all’ombra del Cimon della Pala, il luogo dove lo spirito da giramondo di Paluselli trova pace. Qui costruisce prima Capanna Cervino e poi Baita Segantini, ancora oggi punti di riferimento degli escursionisti. Per 35 anni nella sua amata Baita Segantini trascorre i lunghi mesi invernali, in solitudine, scrivendo, riflettendo, progettando.
Tra tutti è però l’inverno no del 1951 ad aver preso i contorni di un’impresa mitica: quell’anno, infatti, cadono più di 27 metri di neve. Paluselli rimane chiuso, prigioniero nella sua baita di legno e pietra fino all’arrivo dell’atteso vento da nord, che mette fine alle nevicate. E proprio in onore del vento da nord che spazza via le nuvole, il nipote che del nonno porta il nome ha deciso di dedicargli un libro, uscito nel 2013.
Da quella biografia è nato uno spettacolo teatrale, “Vento da Nord”, monologo scritto e diretto dall’autore di Cavalese Mario Vanzo e interpretato da Mario Zucca, famoso cabarettista, attore e doppiatore italiano. Presentato in anteprima in Fiemme, Fassa e Primiero a febbraio, è stato riproposto, in parte modificato e ampliato, durante il Filmfestival della Montagna di Trento. Altre repliche sono in programma per quest’estate. Un’occasione per conoscere meglio la figura di Alfredo Paluselli, uno di quei personaggi che quando li incontri, anche se solo attraverso un libro o uno spettacolo teatrale, ti affascinano e non si fanno più dimenticare.
