Don Lorenzo Felicetti l’aveva definita anche “La mascherata degli aratori”, ma è più nota come “Chi che ara”, mascherata tradizionale di Predazzo in cui si rappresentava il lavoro nei campi continuamente disturbati dall’orso che alla fine veniva cacciato e ucciso.
Ne parla anche Donata Baiocco nel suo libro “Carnevali in val di Fiemme”, in cui afferma di rappresentazioni accertate nel 1913, 1926, 1946 e 47 e, l’ultima, nella quale le parti femminili erano ancora interpretate da uomini, nel 1976.
Donata Baiocco descrive le rappresentazioni del 1946 e del 1947, anno in cui fu fatta a Cavalese dove era nato l’allora sindaco, e – in dettaglio – quella del 1976.
Gli elementi del corteo erano gli Zane, il carro col cestone di letame, l’aratro e l’erpice, il carro dei “savariòs”, la banda, siegadori e resteladore, la commissione incaricata di misurare i campi, il carro delle autorità (che non manca mai!) e quello del fieno. Baiocco riporta anche il testo, rigorosamente in dialetto, dei discorsi del sindaco, del notaio, del regolano del Feudo e di quello della Comunità di Fiemme.
Il corteo partiva dal rione Sommavilla mimando i lavori agricoli. Ogni tanto appariva l’orso che metteva in fuga gli Zane che dovevano essere “recuperati” per proseguire il corteo, mentre i cacciatori cercavano invano di catturare l’orso. In piazza si accendeva il fuoco per cuocere polenta e lucaniche mentre le autorità leggevano i loro discorsi e i contadini rimproveravano i cacciatori di non essere riusciti ad uccidere l’orso il quale dal canto suo, approfittando della distrazione, si mangiava la polenta inseguito dai cacciatori che riuscivano infine a ucciderlo ancora con la polenta in mano.
Così la compagnia poteva sedersi tranquillamente a tavola a mangiare e bere.
Conclusione scontata per una festa di carnevale che dopo il 1976 non è stata più rappresentata. Per ora resta quindi solo nella memoria dei più anziani.
Le foto si riferiscono all’edizione del 1913 – Archivio Fotoamatori – Biblioteca comunale Predazzo