Pubblicato nel 2011
La Marcialonga 2012 vedrà due grandi nomi dello sci di fondo tornare a gareggiare sulle nevi di casa. Cristian Zorzi e Antonella Confortola si danno alle lunghe distanze e si preparano ad affrontare i 70 chilometri di pista attraverso le valli di Fiemme e Fassa. E ognuno lo fa alla sua maniera: il primo con la solita grinta, la seconda in punta di piedi. Zorzi punta a un piazzamento tra i primi dieci, la Confortola a una gara che le faccia dimenticare l’edizione 2003, che la vide in grossa crisi. Due caratteri completamente diversi, quelli dei due atleti che però si stimano a vicenda. Temperamenti che li hanno segnati e portati ad affrontare in maniera differente la vita e la carriera agonistica.
L’atleta di Ziano, nata nel 1975, si è dedicata al fondo, dopo essere passata per la discesa e il nuoto. Il suo medagliere conta un bronzo alle olimpiadi di Torino 2006 e 1 argento e 1 bronzo ai mondiali. Zorzi, classe 1972, vanta invece un primo, un secondo e un terzo posto ai giochi olimpici e un oro e un argento ai mondiali. Con la stagione sciistica ormai alle porte, abbiamo fatto una chiacchierata con i due campioni, alla scoperta di emozioni, rimorsi, ricordi e pronostici per il prossimo futuro.
Vi state entrambi preparando per la Marcialonga. Che significato ha per voi questa gara?
Confortola: Per noi valligiani la Marcialonga è la gara con la maiuscola: la seguiamo da quando siamo piccoli. Da atleta non ne ho però un bel ricordo. Quest’anno ho vinto la gara light, di 45 chilometri, ma l’unica volta che ho affrontato il percorso completo è stato nel 2003 e a metà percorso sono andata in crisi. Mi sto preparando alle spinte, ma la recente caduta in bicicletta mi sta causando ancora problemi alla schiena. Per le mie caratteristiche, sarebbe comunque meglio fosse a skating.
Zorzi: La Marcialonga per me è un’icona: fin da quando avevo un anno sono andato a vederla. Nel 1997 sono arrivato quinto, mentre nel ’98 sono andato in crisi a Molina. In gare come queste non si è mai abbastanza esperti: dipende dal tempo, dalla pista, dal fisico, dall’alimentazione.
Cosa significa gareggiare in casa? È ancora una grande emozione?
C.: Quando si vince, essere in casa è ancora più bello. Ma allo stesso tempo, quando si perde è molto più dura perché tutti ti conoscono e non passi inosservato. Inoltre, si conosce a memoria la pista: che è un bene quando sei in forma, ma che può scoraggiarti quando sei in crisi.
Z.: Sì, lo è. Si è più agitati, nervosi perché si crede di dover dimostrare ai propri compaesani di cosa si è capaci.
Ve la sentite di fare un pronostico?
C.: Quest’anno tra le donne ci sarà molta più competizione perché ci sono grandi nomi. Prevedo una battaglia sulla salita finale.
Z.: Gli scandinavi continuano a farla da padroni. Per quanto mi riguarda, posso dire che sarò soddisfatto se arriverò tra i primi dieci, sorpreso se mi piazzerò tra i primi cinque, deluso se sarò oltre i 30.
Come cambia l’approccio psicologico per una gara sulle lunghe distanze?
C.: L’ambiente è diverso. La Coppa del mondo è del tutto agonistica, mentre nelle granfondo ci sono tanti amatori. In una 5 chilometri ti giochi tutto fin dall’inizio, mentre sulle lunghe distanze puoi recuperare, ma sono più difficili perché puoi essere colto da un momento all’altro da una crisi di fame.
Z.: La concentrazione è sicuramente diversa. In una granfondo hai il tempo per giostrarti la gara, per recuperare uno svantaggio. Possiamo dire che tra le corte e le lunghe distanze c’è la stessa differenza che esiste tra il moto GP e la superbike.
Siete molto diversi. Come hanno influenzato i vostri caratteri la vostra vita sportiva?
C.: Avrei voluto un carattere più adatto all’agonismo. Ma se è difficile cambiare fuori, lo è ancora di più cambiare in gara. Penso che il mio essere così introversa mi abbia penalizzato. Non che mi sia mai tirata indietro, ma mi è mancata quella cattiveria necessaria per non accontentarsi. Forse perché essendo figlia unica da bambina non ho mai dovuto litigare per avere qualcosa.
Z.: Al contrario di Antonella, penso che il mio carattere mi abbia aiutato molto. Sono estroverso, sincero e ho sempre osato. E credo che osare sia necessario per non avere rimorsi.
Cosa invidiate del carattere dell’altro?
C.: La sua sincerità e la capacità di osare.
Z.: Il suo essere diplomatica nei momenti in cui io non riesco invece a mordermi la lingua.
Quale momento ricordate con più emozione?
C.: Ricordo la premiazione di Torino 2006. Non pensando alle gare, credo di avere provato le emozioni più grandi vedendo correre e vincere mio marito Jonathan.
Z.: Nello sport, sicuramente la vittoria a Torino 2006. Nella vita, invece, le emozioni più forti le ho avute in sala parto.
Qualche rimorso?
C.: Aver perso delle occasioni a causa delle mie indecisioni e insicurezze.
Z.: Non essere riuscito a portare a casa una medaglia ai mondiali di Fiemme del 2003.
Immaginandovi tra 20 anni, avrete appeso gli scarponi al chiodo?
C.: Non riesco a stare ferma, fin da quando ero piccola. Non penso proprio che lascerò lo sport.
Z.: Per me lo sport è una droga. Non ce la faccio proprio a stare fermo. A scuola mi sentivo un leone in gabbia e ancora oggi sono un umano selvaggio.
Avere una famiglia è diverso per un atleta uomo o per una donna?
C.: Mio marito è un atleta e mi sostiene molto. Certo è che se avessi un figlio sarebbe diverso. Credo che un bambino porti una donna a restare a casa.
Z.: Penso di no. Stare molto tempo fuori casa, fa aumentare a tutti la voglia di passare il tempo con i tuoi cari.
Parliamo di Fiemme, che si sta preparando al suo terzo mondiale. Come è cambiata la Valle dal 1991 ad oggi?
C.: Fiemme è sempre riuscita a dare il meglio di sé, anche grazie al contributo di tanti volontari. La neve di per sé non basta, è necessario che ci sia un buon lavoro politico e organizzativo. E in questo ce la caviamo benissimo.
Z.: Ormai Fiemme è la patria dello sci nordico. Ciò che mi piace è che si sta adeguando all’evoluzione del mondo, per esempio stando molto attenta alle problematiche ambientali con l’introduzione di autobus a idrogeno e con costruzioni a basso impatto. Anche se non tutti lo ammettono, i Mondiali per la Valle sono fonte di lavoro per molti e una grande pubblicità.
Per concludere, un consiglio a un bambino che voglia seguire le vostre orme di atleti.
C.: Io consiglio di non fissarsi su un solo sport, ma di provare tante discipline diverse, fino a trovare la propria.
Z.: Lo sport per i bambini deve essere divertimento. Per il cronometro c’è sempre tempo. In realtà, i piccoli ce l’hanno da soli l’istinto di giocare. I consigli bisognerebbe darli ai genitori e agli allenatori…
Monica Gabrielli