DAD- Diario A Distanza- Giorno 1

Questa mattina alle 4.15 ho aperto gli occhi. La sveglia era puntata un’ora e mezza dopo, alle 5.45, ma non sono più riuscita a riaddormentarmi. Il pensiero del primo giorno di DAD mi impediva di rilassarmi. Probabilmente non ero l’unica a rigirarmi nel letto a quell’ora. Perché con il ritorno alla didattica a distanza molti genitori si sono ritrovati, come un anno fa, a dover riorganizzare le proprie giornate. Questa rubrica, che speriamo duri il meno possibile, vuole raccontare quel che accade in una famiglia alle prese con collegamenti internet, condivisione di dispositivi e di spazi, difficoltà a mettere d’accordo le esigenze di tutti. Premetto e sottolineo che sarà un diario assolutamente soggettivo che non ha pretese di completezza né di ragione. È semplicemente uno sguardo sulla quotidianità stravolta di una delle migliaia di famiglie che da oggi sono alle prese con le limitazioni e le regole della zona rossa.

Hella - We design cool shadows

Stamattina quel che mi faceva stare sveglia alle 4 non era il rischio che la connessione wi-fi saltasse. I miei figli, 9 e 11 anni, sono tutto sommato autonomi al pc: quindi, non era nemmeno questo a spaventarmi. Ho la fortuna di lavorare da casa, perciò non avevo il pensiero di chi potesse stare con i bambini. A farmi rigirare nel letto e a interrompere del tutto il sonno agitato di stanotte era il pensiero – se non la certezza – di non potermi più permettere un attimo di disorganizzazione. Tutto deve riuscire ad incastrarsi perfettamente così da garantire una eccellente gestione di tempo e spazi di tutta la famiglia. Lavoro, videolezioni, compiti, cura della casa… tutto diventa interconnesso. Non si può organizzare una cosa, senza tener conto dell’altra. In parte è sempre così, ma quel che si chiede alle famiglie in questi giorni è la perfezione organizzativa. Con tutta l’ansia che la ricerca della perfezione comporta.

Proprio come un anno fa, verrebbe da dire. In realtà non è proprio così. L’anno scorso a metà marzo decoravamo le finestre con messaggi di speranza. Oggi io non disegno più arcobaleni sul balcone, evito per scaramanzia di dire che andrà tutto bene e ho pure perso l’illusione che questa situazione ci renderà tutti migliori.

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