Ieri ho scoperto che esiste una tecnica di invenzione letteraria chiamata “archeologia immaginaria”. Come mi ha spiegato l’insegnante che me ne ha parlato, si tratta di testi in cui chi scrive immagina di essere un archeologo che, nel futuro, trova il presente. Questa prospettiva sull’oggi mi ha subito entusiasmata perché mi è sembrato un modo curioso per guardare con un certo distacco la situazione. Così a pranzo l’ho proposta come gioco ai miei figli. Ho chiesto loro di fare un salto in avanti nel tempo di 200 anni e di provare a guardare lo stato attuale della nostra casa con gli occhi di un uomo del 2221. Cosa troverebbe? Come lo interpreterebbe? Cosa lasceremmo di noi ai posteri se dovessimo abbandonare queste stanze in questo momento?
Immaginando un archeologo che entra scavando un varco dalla nostra terrazza, la prima sala ad essere scoperta sarebbe la cucina. Chissà cosa penserebbe un uomo del futuro della nostra scorta di lievito e farina e del freezer pieno. Mio figlio sostiene che potremmo passare per una famiglia di mangioni golosi di pane, torte e pizza.
In soggiorno, oltre al puzzle incompleto sul tavolo, il nostro archeologo troverebbe una bella scorta di mascherine chirurgiche. Cosa immaginerebbe di questi rettangoli di stoffa colorata: oggetti necessari a riti tribali? Indumenti ormai desueti? Accessori di bellezza?
In giro per casa troverebbe, oltre a bottiglie di igienizzati e borracce in ogni dove, computer, tablet, telefonini, tastiere, cuffie, microfoni e tanti, tanti (troppi) cavi di ricarica. Questi oggetti per noi d’uso comune e all’avanguardia saranno reperti difficili da catalogare tra 200 anni. Per non parlare di quelle pile di libri sui comodini: esisteranno ancora i libri nel 2221?
In ogni stanza, poi, spunterebbero vestiti invernali, perché il cambio armadio non l’abbiamo ancora fatto. Forse quelle giacche a vento colorate lasceranno increduli, visto che nel 2221 il riscaldamento globale avrà trasformato il clima delle nostre valli, che probabilmente non conosceranno più la neve.
Al termine del gioco, mio figlio più piccolo ha pensato di lasciare un biglietto al nostro ormai affezionato archeologo: “Caro amico, com’è la vita nel 2221? Noi stiamo vivendo un momento difficile a causa di questo stupido covid 19 che spero da voi non ci sia più. Dobbiamo restare chiusi in casa. È difficile, ma almeno siamo uniti e possiamo giocare tutti insieme”.
Io aggiungerei… Caro archeologo, lo hai capito ora perché abbiamo la scorta di lievito e farina?