Ci sono molti sciatori della domenica che ogni anno si lamentano del prezzo dello skipass che cresce, inverno dopo inverno. Non si rendono conto di quanto lavoro ci sia a monte di quella veloce salita in seggiovia fino alla cima della montagna, né dell’impegno e degli investimenti che una stagione sciistica possa significare.
I telespettatori che hanno assistito alle prime due edizioni de “I Signori della Neve” in onda su Dmax, invece, lo sanno benissimo.
“I Signori della Neve” infatti è una delle serie televisive più amate nel palinsesto di Dmax, il canale 52 del digitale terrestre appartenente alla galassia Discovery, il canale più amato dal target maschile che trova trasmissioni adatte ad un pubblico eterogeneo tra i 15 e i 64 anni: programmi “da uomini” ma non solo, che vanno dagli incontri di wrestling alle serie sui pescatori di pesce spada nell’Atlantico fino a quelle coppie lasciate “nude e crude” – dal nome del programma – in mezzo alla natura nel tentativo di sopravvivere solo con i propri mezzi.
All’interno del format denominato tough jobs che racconta le vicende avventurose di chi fa un lavoro duro (da quelli che costruiscono a mano le case di tronchi in Alaska ai poliziotti di frontiera che fermano ogni giorno malintenzionati di ogni specie) ci stanno anche “I Signori della Neve”: la serie racconta infatti il lavoro e le storie di chi lavora sulle piste prima dell’inizio della stagione, di chi fa la manutenzione degli impianti di risalita, di chi ha la responsabilità di produrre della neve e di chi poi la deve stendere lungo le piste perché siano lisce come un biliardo la sera prima dell’arrivo dei primi sciatori.
Un lavoro difficile e faticoso, reso ancor più impegnativo dalle responsabilità che tutto questo comporta: basta un piccolo errore per compromettere l’apertura di una pista e non rispettare gli impegni presi con la comunità o per fare un danno ad un gatto che costa 500.000 euro o per perdere i soldi di un investimento.
Dopo il successo delle prime due serie girate negli anni passati in Val Gardena e sulle dolomiti del Brenta tra Campiglio, Pinzolo, Pejo e il Tonale, quest’anno la scelta è ricaduta sulla Val di Fassa e la troupe composta dal regista, dai cameramen, dai fonici e dagli autori ha battuto le strade tra Canazei e Vigo per tutto il mese di Novembre, fino al giorno di apertura delle piste sabato 4 dicembre. E poi, con un miracolo di professionalità, tutto è stato preparato per la messa in onda della prima delle quattro puntate programmata in prima serata domenica 19 dicembre.
La casa di produzione, la Giuma di Trento, è la stessa che realizza anche Undercut, la serie sui taglialegna ambientata in Fiemme giunta ormai alla quinta edizione.
“Ci siamo concentrati sulle piste attorno a Canazei, sul Buffaure e sul Catinaccio”, ci ha raccontato il regista Ugo Pozzi. “Abbiamo apprezzato l’impegno e la dedizione di tutti coloro che si sono ritrovati ad essere protagonisti delle nostre riprese e questa è l’occasione buona per ringraziarli ulteriormente. essendo anche noi trentini, abbiamo avuto con tutti un feeling particolare. Penso ad esempio a Christian Lorenz, il presidente tuttofare degli impianti del Buffaure, un uomo che ha un’azienda di materiali edili, che non si fa problemi a andare in giro con camion e muletto e che sa cosa significa lavorare. Penso anche a Graziano Tarter, il guru della neve del Buffaure e a Giovanni Zulian che lavora da solo sulla Aloch: il mese di novembre è stato davvero un problema per lui perchè le temperature non erano abbastanza basse per sparare e non c’era neve su cui lavorare tanto che sono state annullate le primissime gare della stagione all’inizio di Dicembre. Giovanni è anche vicecomandante dei pompieri di Pozza e ci è servito anche filmare anche le esercitazioni che fanno tutte le settimane, a cui partecipa anche Mirko Cincelli che è uno degli uomini della neve del Col Rodella”.
La passione per la neve tra questi uomini è tanta ma per qualcuno arriva addirittura a limiti inaspettati: “Il nuovo caposervizio della Catinaccio ad esempio adora i cannoni da neve, tanto che da ragazzino se ne è costruito in casa uno in miniatura per un esame a scuola. Adesso se ne è sviluppato uno intero da solo con tanto di compressori, ugelli e sonde, telecomandato dallo smartphone”.
E a Canazei? “La Sitc è una realtà molto diversa. È un grandissimo comprensorio, è un’impresa da 30 milioni di euro di fatturato. Qui è tutto nuovo, tutto supertecnologico, hanno decine di gatti battipista, ci lavora tanta gente e non ha una identità familiare come le altre due”.
Enrico Maria Corno
