Ebbene sì, Tullio Daprà è mio zio. Lo affermo in premessa a questa intervista per esplicitare, da subito, una sorta di conflitto emozionale tra giornalista ed intervistato, un “rovello” che mi ha complicato la decisione di raccontare la sua vita sportiva, ma che si è sciolto nel momento in cui mi sono chiesto se Tullio fosse o non fosse veramente un personaggio.
“Personaggio è colui che detiene fama e prestigio ma anche chi si fa notare per il suo comportamento singolare e originale”. Questa è la definizione di personaggio che ritroviamo nei dizionari. Applicato a Tullio Daprà, (classe 1939) e alla sua totalizzante passione per lo sport, praticato e poi raccontato, mi sembra un termine azzeccato. La sua è una passione che lo ha fatto conoscere e apprezzare nelle nostre Valli e non solo. Quando ci siamo incontrati per questa chiacchierata, credevo di conoscerlo piuttosto bene, ma, invece, mi sono ritrovato a scoprire molte cose su di lui che mi erano completamente sconosciute.
Cominciamo da una breve biografia?
Volentieri! Sono nato a Terni, in Umbria, dove mio padre, Nicolò, macchinista ferroviere, era stato trasferito, da Bolzano, per punizione, (non avendo voluto aderire al partito fascista) ed è li che purtroppo morì a seguito di un bombardamento degli americani sulla città. A cinque anni ritornai in Trentino, a Panchià, con mia mamma, mia sorella Ilda e mio fratello Guido. Fino al 1950 abbiamo vissuto con i genitori di mio padre. Mio fratello Guido, ragioniere, venne assunto dalla Magnifica Comunità di Fiemme mentre io frequentavo le scuole medie a Cavalese. Circa due anni dopo Guido morì a seguito di un incidente in moto e questo fu un ulteriore grande dolore per tutta la nostra famiglia.
Un inizio di vita molto travagliato.
Sì, è stata veramente dura.
La passione per lo sport ti ha aiutato ad andare avanti e ti ha permesso di darti degli obiettivi?
Certamente è stato un aiuto importante.
Cominciamo a conoscerti meglio raccontando gli sport che hai praticato agonisticamente?
Negli anni ’50 all’oratorio, si potevano fare due tipi di attività sportiva: il calcio, nel cortile esterno, oppure il ping pong nelle sale interne. Ho scelto il Tennis da tavolo e con il compianto Paolo Rizzoli abbiamo vinto, a Trento, i campionati provinciali di doppio.
A seguire mi ha “acchiappato” l’Hockey con cui ho vissuto anni memorabili in qualità di portiere dopo essere stato uno dei fondatori della società a Cavalese.
Il ciclismo è stata un’altra mia grande passione sportiva, una attività nella quale non mi sono divertito molto, ma moltissimo. Ricordo il circuiti “cittadini” nei quali si cimentavano i talenti locali. A Predazzo, per esempio, si svolgeva una gara che prevedeva 20/30 giri per il paese con una partecipazione massiccia di pubblico che rendeva la competizione una vera e propria festa paesana.
Perché a fianco dei grandi eventi, non si organizzano più manifestazioni sportive “territoriali” che avrebbero ancora un grande appeal ed aiuterebbero a creare comunità?
Sarebbe bello, sicuramente apprezzato dai cittadini ma anche una grande rogna. Oggi organizzare anche solo una gara ciclistica valligiana, significherebbe burocrazia a iosa e grandi responsabilità che nessuno, comprensibilmente, intende prendersi.
Poco settimane fa se ne è andato Ezio Damolin, grande atleta dello sci, ma anche tennista, quasi imbattibile, sui campi in rosso delle nostre Valli. Con lui hai partecipato ad un torneo in un doppio che avete vinto.
Avete, è una parola grossa. Io, pallettaro, avevo il compito di battere in qualche modo, mentre Ezio faceva i punti. Lui è stata una grande persona e quel ricordo mi rimane indelebilmente nella memoria.
Alle molte attività sportive che hai sperimentato abbiamo da aggiungere ancora la pesca, il gioco delle bocce e il minigolf dove hai primeggiato nella prima competizione che si svolse sul nuovo campo di Cavalese.
In quel caso vinsi la gara poiché, dipendente dell’APT, avevo il compito di spiegare il gioco ai neofiti che venivano a provare questa novità e nelle pause potevo allenarmi costantemente. Per non farmi mancare nulla devo anche aggiungere di essermi cimentato nella cavalcata di Fiemme, nella Stramilano ed in una manifestazione podistica olandese che si chiama Nimega. Si parte, insieme ad altri 15 mila appassionati alle 4 del mattina per fare 50 chilometri in compagnia.
Di tutto quello che hai, fino a qui raccontato va comunque detto che il posto da leone lo merita sicuramente l’Hockey che, ancora oggi, ti vede speaker allo Stadio del ghiaccio, “narratore” e polemista a Radio Fiemme oltre che animatore nei conciliaboli pre e post partita nelle vie del paese dove si creano capannelli di persone che vogliono conoscere la tua opinione sulla partita del Val di Fiemme Hockey appena giocata o su quella da affrontare.
La tua passione per l’Hockey l’hai passata anche a tuo figlio Stefano.
Penso di sì. Stefano ora allena da due anni le Eagles, la squadra femminile di Bolzano, plurivincitrice del campionato italiano. Inoltre fa parte dello staff della nazionale under 18 e senior, sempre femminile, con l’obiettivo di preparare le Olimpiadi del 2026 a cui la nazionale parteciperà di diritto, essendo noi stessi gli organizzatori dei prossimi Giochi Olimpici Invernali.
Restando nel mondo dell’Hockey e ritornando ad un tempo ormai lontano, ricordiamo anche le epiche sfide con la squadra del Fassa, il grande tifo e il coinvolgimento popolare che hanno caratterizzato quel periodo. Ricordiamo ancora nitidamente il derby che aveva un’intensità emotiva mai più raggiunta in altri ambiti sportivi.
Oggi noi abbiamo in Fiemme e Fassa due squadre di Hockey che nei rispettivi campionati ottengono risultati più che lusinghieri. Parimenti le risorse da investire sono sempre meno e così anche il numero dei giocatori che si dedicano a questo sport che è particolarmente impegnativo. So che tu hai un sogno. Vuoi raccontarcelo?
È proprio un sogno, un sogno che dubito potrò mai vedere realizzato. Immagino un Fiemme e Fassa che si fondono per dare vita ad un movimento hockeystico più solido e maturo. Sogno un Hockey nelle nostre valli capace di stare stabilmente ai vertici nazionali e che possa ben figurare anche nelle competizioni internazionali.
Prima di chiudere questa nostra chiacchierata ho ancora un paio di domande da farti. La prima è se ti sei mai chiesto da dove venga la passione per lo sport che ti “insegue” da 70 anni e la seconda riguarda il futuro dei vari movimenti sportivi valligiani, in primis quelli invernali, che si confronteranno a casa nostra nelle prossime Olimpiadi del 2026.
Ricordo che mia mamma metteva la sveglia per seguire gli incontri di box di cui era appassionata. Amava seguire i processi ed era una indomita lettrice. Tutti questi interessi li ha passati a me e di ciò devo veramente ringraziarla.
Per quanto attiene al futuro delle discipline invernali in chiave Olimpica, ritengo che Fassa sia ovviamente vocata per le discipline veloci e Fiemme per il fondo e il biathlon. In entrambi gli ambiti stanno “sbocciando” atleti che potranno darci grosse soddisfazioni anche grazie alle nuove strutture che stanno nascendo e che non potranno far altro che implementare la voglia dei giovani atleti di confrontarsi con i miglior di mondo per poi giocarsela in un futuro non lontano.
Guido Brigadoi
Un commento su “Dove c’è Tullio, c’è sport”
Bravo Tullio, mi ricordo di te ai tempi dell’Olivetti a Cavalese. Conservo ancora il Pin che mi hai donato allora, riproducente una mazza da hockey. Ciao.
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