Fassa chiama, Costazza risponde

Tutti conosciamo Chiara Costazza, ex slalomista azzurra che ha alle spalle la partecipazione a ben quattro Olimpiadi, sei Mondiali e 146 presenze in Coppa del mondo. Da sempre atleta delle Fiamme Oro, oggi vede il proprio futuro nella Polizia di Stato e, dopo aver lasciato il mondo dello sci agonistico, sta seguendo la formazione per diventare istruttrice di sci alpino e di alpinismo. Non dimentica gli anni trascorsi a gareggiare…

Quando hai iniziato a sciare?

“Avevo poco più di tre anni. Per me era un fatto naturale visto che in famiglia sciavano tutti. Mio padre è stato il primo maestro. Poi vennero gli istruttori dello Ski Team Fassa, la società sportiva che è stata la mia seconda casa. Corsi di sci, qualche garetta sociale poi il lungo percorso di formazione per diventare atleta. Il mio sogno è sempre stato di arrivare in Nazionale e gareggiare in Coppa del Mondo”.

Il debutto?

“Dal dicembre 1999 ho partecipato a gare FIS. Poi in Coppa Europa ho esordito nel febbraio 2000 all’Abetone arrivando settima ma il primo risultato di rilievo è arrivato ai Campionati italiani di quell’anno, vincendo – allora avevo sedici anni – la medaglia di bronzo”.

E in Coppa del Mondo?

“Ricordo ancora la data – era il 22 dicembre 2002 – quando a Lenzerheide in Svizzera ho gareggiato per la prima volta al massimo livello. Ero così emozionata che non completai la prova. Ai Giochi olimpici invernali a Torino del 2006 riuscii a classificarmi all’ottavo posto”.

Da quel momento cominciarono gli anni migliori…

“Nella stagione 2007-2008 ho ottenuto il primo podio a Reiteralm in Austria), terza dietro le padrone di casa Marlies Schild e Nicole Hosp. Un mese dopo a Lienz ho ottenuto la mia unica vittoria in Coppa, che corrisponde anche all’ultimo podio, dieci anni dopo l’ultima vittoria italiana nella specialità, portata a casa da Lara Magoni nel 1997”.

E poi quella brutta sorpresa dietro la curva..

“Purtroppo l’anno successivo ad Aspen, mentre gareggiavo in gigante, sono caduta malamente. Il tendine d’Achille aveva ceduto all’altezza della caviglia sinistra. Fu necessario l’intervento chirurgico e poi una lunga convalescenza. La stagione era finita, ovviamente. Per un atleta un infortunio è sempre traumatico ma per uno sciatore in particolare è difficile ritrovare la giusta confidenza sugli sci e sui diversi tipi di neve, soprattutto quando c’è scarsa visibilità. Rimane sempre un fondo di insicurezza che limita quella voglia di buttarti senza pensarci troppo.

Diventa difficile quindi per un atleta rientrare ad alti livelli: anche per quello io non sono più riuscita a fare grandi risultati. L’incidente in gigante ha finito peraltro per confermare, se ce ne fosse stato bisogno, la mia predilezione per lo slalom speciale. Le gare veloci non sono per me. Ho partecipato comunque ai Giochi Olimpici invernali di Vancouver e di Soči e ho dato l’addio alle gare nel marzo 2019 sulle nevi di Andorra in una splendida giornata di sole”.

Con quale spirito hai lasciato l’agonismo?

“È stato un saluto carico di emozioni. C’era tristezza nel lasciare lo sport attivo dopo tanti anni di attività ma ero anche felice di iniziare un nuovo capitolo della mia vita. Era il momento giusto. Avevo voglia di vedere che cosa c’è al di fuori della vita di atleta e di tornare stabilmente a casa in Val di Fassa. Sono felicissima della mia esperienza e porto sempre nel mio cuore il mondo dello sci.

Se tornassi indietro non cambierei nulla: ho ricevuto molto e credo di aver dato tutto quello che potevo allo sport. Senza infortuni la vita sarebbe più facile ma ogni atleta ha il proprio percorso e incontra momenti negativi che poi sono ripagati da quelli positivi”.

E ora quali sono ora i prossimi obiettivi di vita?

“Ho seguito atleti e atlete delle Fiamme Oro cercando di mettere a frutto l’esperienza maturata ma ora ho deciso di entrare a pieno titolo nella Polizia di Stato diventando istruttore di sci alpino e di alpinismo. L’ambiente della Scuola alpina di Moena è molto positivo e, dopo tanto viaggiare, spero di poter restare qui nella mia valle”.

Ha ancora contatti con il mondo dello sci agonistico?

“Conservo molte amicizie nella squadra azzurra. Ho vissuto parte della mia vita con Federica Brignone, Sogia Goggia e Marta Bassino. E ci sono le nuove leve a cui auguro grandi successi. La Valle di Fassa accoglie ogni anno la squadra azzurra in allenamento. Ho quindi la possibilità di mantenere i contatti in maniera diretta”.

Ti mancheranno le frequenti trasferte internazionali?

“Non esattamente. Non facevo viaggi veri e propri: più che altro le trasferte erano solo spostamenti. Si prendono le valigie e si va in America, poi si torna in Europa saltando dai paesi nordici a quelli alpini. Raramente si possono avere momenti liberi per guardarsi attorno. Da queste lunghe e frettolose trasferte mi è rimasta la voglia di viaggiare ma in modo più lento e mirato. Insomma ora mi piace fare veramente la turista.

Detto questo mi hanno sempre colpito i paesaggi scandinavi con le loroe sfumature di colore, le giornate brevi e le lunghe notti rischiarate dalle luci. Rammento anche il piacere di trovarsi in qualche grande città come Stoccolma, Praga o Barcellona dove ci capitava di atterrare prima del trasferimento verso la sede delle gare. Il mondo è bello”.

Gilberto Bonani

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