Sono Cecilia Zorzi, velista. Le mie radici sono tra le splendide montagne della Val di Fiemme ma ora giro il mondo solcando i mari a bordo di una barca a vela. Dopo anni di mancanza di una regata che circumnavigasse l’Italia, nel 2021 ne sono state organizzate ben due, prima in un verso – da Genova a Trieste – e poi nell’altro, da Venezia a Genova. Nel giro di poche settimane quindi mi sono ritrovata a completare due volte il periplo del nostro bellissimo paese e quello che leggerete è il mio racconto del secondo, il Marina Militare Nastro Rosa Veloce, regata non-stop di 1500 miglia da percorrere su una barca a vela condotta da un equipaggio misto – una donna e un uomo.
La Sicilia si avvicina rapidamente e l’umore a bordo è alto, maciniamo miglia su miglia e finalmente anche la temperatura si è alzata. Ma c’è un ultimo scoglio da superare prima di atterrare a Capo Passero: un fronte freddo accompagnato da forti venti, di cui purtroppo non conosciamo la posizione precisa. Il rinforzo del vento non si fa attendere e ben presto stiamo volando con raffiche fino a 30 nodi. Per precauzione ammainiamo il Code 0, una grande vela di prua, e lasciamo solo il fiocco che ci permette comunque di surfare le onde a 12 nodi di velocità.
Il pomeriggio passa in un baleno, e prima di accorgersene è già giovedì sera. Le coste siciliane sono oscurate da una fitta linea di nubi che ben presto si riempie di fulmini. Io e Ale cominciamo a essere un po’ preoccupati, proprio sulla nostra prua sta andando in scena uno spettacolo a cui non abbiamo mai assistito. Molti dei lampi sono talmente forti e vicini che ci abbagliano letteralmente, per svariati secondi non siamo più in grado di vedere nulla. Purtroppo non abbiamo molte alternative, dobbiamo solo andare incontro al fronte e superarlo il più velocemente possibile.
Il vento cala e comincia a cadere una pioggia torrenziale, che a tratti lascia nuovamente spazio a forti raffiche. Nel pieno della tempesta di fulmini valutiamo se staccare tutte le batterie onde evitare guasti al sistema elettronico, ma gli strumenti sono troppo importanti per navigare veloci lontano dalla zona pericolosa, e quindi optiamo per lasciare tutto acceso. Dopo minuti che sembrano infiniti ci troviamo dall’altra parte del fronte, il vento ruotato a nord-ovest in perfetto accordo con la teoria spiegata in tutti i manuali di meteorologia. Purtroppo ora la situazione è proprio quella che ci si poteva aspettare: tanta onda creata dal vento pre-frontale e pochissimo vento.
Ci troviamo quindi in poppa con l’onda in prua, gonfiare qualsiasi vela è impossibile e la conquista di Capo Passero sembra un’utopia. Dopo un paio d’ore di “bordi piatti”, così chiamati perché non ci avvicinano per niente alla nostra meta, decido di mettere la prua dritta sul waypoint incurante del comportamento delle vele e lasciarci trasportare così, in una andatura inesistente che nessuna scuola di vela insegnerebbe. Lo strumento segna comunque 1 nodo e mezzo di velocità sul fondo e non posso fare altro che accontentarmi.
Le poche miglia che ci separano dal Capo saranno lunghissime e c’è un pensiero che non le alleggerisce di certo: il team italo-irlandese che occupa la terza posizione sta ancora navigando a 12 nodi nel vento di sudovest e in poche ore recupererà le 60 miglia di svantaggio che aveva su di noi. Noi invece stiamo lentamente scarrocciando con pochissimo governo sulla nostra barca, e non ci possiamo fare nulla.