Giro d’Italia in barca a vela: parte 5: “Il Giro di Boa”

Sono Cecilia Zorzi, velista. Le mie radici sono tra le splendide montagne della Val di Fiemme ma ora giro il mondo solcando i mari a bordo di una barca a vela. Dopo anni di mancanza di una regata che circumnavigasse l’Italia, nel 2021 ne sono state organizzate ben due, prima in un verso – da Genova a Trieste – e poi nell’altro, da Venezia a Genova. Nel giro di poche settimane quindi mi sono ritrovata a completare due volte il periplo del nostro bellissimo paese e quello che leggerete è il mio racconto del secondo, il Marina Militare Nastro Rosa Veloce, regata non-stop di 1500 miglia da percorrere su una barca a vela condotta da un equipaggio misto – una donna e un uomo.

Parte 1, Parte 2, Parte 3, Parte 4

Abbiamo superato il punto più meridionale della nostra penisola, ed è stata una sofferenza! Per fortuna il nuovo giorno ci accoglie con un bel sole che aiuta a non perdersi d’animo. I nostri inseguitori hanno colmato la distanza che ci separava ma sono ancora dietro, nulla è perduto, anche considerando che siamo appena a metà regata e ancora molte cose possono succedere. Bordeggiamo lungo la costa sud della Sicilia tra ariette leggere e forti correnti. Non ho mai navigato in queste acque e neanche mai visitato queste terre che dal largo sembrano magnifiche: dovrò sicuramente tornarci.

Le bonacce non ci danno tregua, ma riusciamo comunque a raggiungere il gate di Marina di Licata nella notte tra il 12 e il 13 novembre e ad agganciare un bel flusso di vento che ci porta in poppa fino alle Egadi. Superiamo il canale tra le isole di Favignana e Marettimo, ed un pensiero va ai miei amici trapanesi che negli anni scorsi ci hanno tanto calorosamente accolto nei lunghi mesi invernali di allenamento con il Nacra 17. Quante persone mi hanno aiutato nel mio percorso!

Area escursionistica e sciistica Carezza della Val d’Ega in Alto Adige

Questo giro d’Italia mi sta dando l’occasione di ricordarle tutte, ma non è il momento di farsi prendere dai sentimentalismi, dobbiamo puntare verso Ustica e c’è una rotta da decidere. Mi incastro come meglio riesco tra le paratie davanti al computer per scaricare l’ultima meteo prima di allontanarci da costa, quando sento la barca straorzare e Alessandro da fuori imprecare. Esco di corsa e scopro che non abbiamo più il governo della barca! Apparentemente non abbiamo più uno dei due timoni, e già me lo immagino allontanarsi da noi galleggiando a pelo d’acqua.

Tiro un primo timidissimo sospiro di sollievo dopo aver appurato che le pale però ci sono ancora entrambe, dev’esserci allora un problema meccanico sottocoperta. Ale si fionda giù per le scalette e mi urla che si tratta “solo” di uno dei due braccetti che si è svitato. Comincio a respirare di nuovo, non siamo spacciati, ma le peripezie non sono finite. Mentre cerchiamo di sistemare il timone, lo spinnaker si “incaramella” attorno allo strallo e prima di riuscire a riprendere la nostra navigazione passano diversi minuti. Si sta facendo buio ma siamo finalmente di nuovo in assetto e guadagniamo rapidamente terreno verso l’isola di Ustica.

La nottata è impegnativa; siamo al settimo giorno di navigazione, la stanchezza si fa sentire e, nonostante l’apprensione per i temporali che ci circondano, è impossibile rimanere svegli. La mattinata non si rivela più facile: dopo snervanti momenti di calma piatta ci accorgiamo di avere parecchio materiale incastrato nella chiglia. Non è una sorpresa, è da Favignana che incontriamo vere e proprie isole galleggianti formate da canne di bambù, rami e rifiuti vari. A causa della loro estensione, a certe velocità sono difficili da evitare anche di giorno, nel buio della notte diventa impossibile. Dopo svariati tentativi riusciamo a liberare la chiglia, anche se non del tutto, e torniamo a concentrarci sulla conduzione della barca.

Stiamo aspettando un nuovo flusso che si sta facendo attendere un po’ troppo, l’atmosfera a bordo non è delle più rilassate. Dalla scorsa notte non sappiamo dove siano i nostri avversari, e anche se già sospettavamo che avessero camminato meglio di noi, rimaniamo spiazzati nel vederli apparire alle nostre spalle. Uno spinnaker bianco spunta all’orizzonte e ci getta nello sconforto. Ma non è il momento di arrendersi, Capri è vicina ed il vento è finalmente arrivato, è l’occasione per spingere il piede sull’acceleratore.

Expert f.lli Tomaselli
Facebook
Twitter
WhatsApp
Email