Giovedì 11 novembre alle ore 20 sulle pendici di Predazzo si accenderanno, come ogni anno da tempi immemorabili (eccetto lo scorso anno per il Covid, con seguito polemico, e in un’altra occasione parecchi decenni fa), cinque grandi falò. Sono i fuochi di San Martino, una tradizione che si perde nella notte dei tempi e che segna la fine della stagione del raccolto. A Predazzo è strettamente collegata alla vita della Regola feudale che proprio l’11 novembre distribuisce le cosiddette “regalie” a tutti i Vicini. Lo farà anche quest’anno: 140 € per ogni Vicino, dopo la sospensione di due anni nel corso dei quali le risorse sono state impegnate per investimenti nel patrimonio boschivo e nelle strade forestali da ripristinare a seguito del ciclone Vaia.
I 5 fuochi, corrispondenti ad altrettanti rioni di Predazzo (Ischia, Birreria, Molin, Sommavilla e Piè di Predazzo) esploderanno letteralmente grazie a fiumi di carburante, accompagnati dai campanacci e da ogni arnese utile a far rumore. I gruppi di giovani, e meno giovani, scenderanno quindi in paese formando dei cortei che, dopo la sfilata per il paese, si uniranno sulla piazza per il concertone finale: baccano e baccanale assieme, poichè scorre anche molto alcol.
Ma al di là di questa ripetitività caratteristica di ogni rito, va sottolineato l’impegno che i gruppi di giovani di ciascun rione mettono nel costruire le pire: spesso vere opere artistiche che saranno ridotte in cenere in pochi minuti.
Sarà che l’anno scorso sono rimasti a bocca asciutta, fatto sta che quest’anno si sono sbizzarriti con delle costruzioni notevoli, ad eccezione dei “birèri” che – come sottolinea qualcuno di loro – hanno difficoltà a raggiungere la cava dove si trova la loro catasta. Così hanno costruito il solito conoide di legna e rami d’abete.
I “paneti”, quelli di Piè di Predazzo, hanno costruito un perfetto fungo porcino al cui interno è stata ricavata una vera e propria “stanza” con un fuoco centrale a mo’ di teepee indiano e le panche tutt’attorno. I “molineri” nella cava dei Canzocoi hanno realizzato la splendida “terrazza Molin” da cui affacciarsi sul paese, utilizzando quasi esclusivamente dei pallet. Gli “Is-ceri” hanno proseguito la costruzione di una torre con tanto di merlature, già avviata lo scorso anno e rimasta lì per 365 giorni in attesa di essere completata.
Infini, i soliti “somaileri”, il gruppo più consistente e determinato, questa volta la pira l’hanno costruita in orizzontale. Una vera e propria nave vikinga con tanto di ponte e di salotto, e su cui giovedì svetterà anche una grande vela bianca decorata.Insomma, si sono rifatti dallo stop del 2020. Vedremo giovedì cosa accadrà. Per chi non avesse ancora seguito i fuochi di San Martino di Predazzo è un’occasione da nonperdere. Per la portata spettacolare, ma anche trattandosi dell’unica manifes tazione del folclore locale che, pur con trasformazioni dettate dai tempi che cambiano (non ci sono più le scope incendiate roteate per fare faville e poi spente nelle fontane ricordate da don Lorenzo Felicetti, tanto per capirci), mantiene una genuinità non comune rispetto a tanto folclore solo rievocativo.
E qualcuno ci ha fatto anche una tesi di laurea.
nelle foto: l’interno del fungo, e Predazzo visto dalla terrazza Molin e dalla nave dei somaileri.
3 commenti su “Gli “artisti” dei Fuochi di San Martino”
peccato non posso esserci.
Bravi i paesani a tenere viva una tradizione che si perde nella notte dei tempi.
La tesi di laurea alla quale si fa riferimento nell’articolo è disponibile per la lettura?
Buongiorno. Si, la può trovare in biblioteca a Predazzo, ma deve leggerla lì perchè non credo sia prestabile senza l’assenso dell’autrice. Forse l’hanno anche al bar Pirle e qualcun altro, come l’assessore Giuseppe Facchini che, come me, ha collaborato con la laureanda. Francesco Morandini
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