Pubblicato nel 2019
Fisico asciutto, capelli bianchi, parlata fluida con accento altoatesino, Joseph Pirone, per tutti “Sepp Pirone” è sinonimo di buona musica. Anche se il leggendario Dancing Astoria di Vigo di Fassa non esiste più, gli attrezzi del mestiere sono ancora a portata di mano. Il suo ufficio trabocca di video cassette (sì, quelle Vhs ormai introvabili), dischi in vinile e CD dove è racchiusa la storia del rock e del folk degli ultimi cinquant’anni.
Quando la serata è propizia “indossa” ancora la sua chitarra elettrica, la mitica Fender Stratocaster, agganciata a un amplificatore a valvole (un pezzo da collezionisti) per ottenere quelle sonorità brillanti tanto amate dai grandi chitarristi, da Hank Marvin a Eric Clapton, passando da Mark Knopfler per arrivare a Jimi Hendrix. Quest’ultimo è famoso per aver sollecitato la sua Fender oltre misura suonandola anche con i denti e non contento la sacrificò distruggendola con il fuoco.
Sepp Pirone non ama gli eccessi, neanche in campo musicale. Aria composta, sguardo assorto, le sue dita corrono sulle corde per riproporre pezzi entrati nella storia. Parte dagli anni Sessanta con Apache (Shadows di Cliff Richard 1962), Yesterday (Beatles 1965), Sound of Silence (Simon & Garfunkel 1964), per arrivare ai nostri giorni con “My heart will go on” colonna sonora del film Titanic.
Da dove è nata la passione per la chitarra e la musica?
La sala da ballo dell’Astoria I primi anni Sessanta tutti i giovani erano ammaliati dalla musica rock incentrata sull’uso della chitarra elettrica accompagnata dal basso, sempre elettrico e dalla batteria. Ricordo la mia prima chitarra, una versione acustica di scarsa qualità, che portai alla festa degli alberi i primi anni Sessanta, quando studiavo all’Avviamento Commerciale di Cavalese. Ero un autodidatta e imparai a strimpellare sull’onda dell’entusiasmo giovanile.
E poi?
A quel tempo il turismo richiedeva manodopera. Andai a lavorare a Malcesine sul lago di Garda, a San Martino di Castrozza, a passo Rolle e per diversi anni, durante le Joseph ai tempi degli Stafii (i fantasmi) vacanze scolastiche estive, sul mare Adriatico. Alla sera intrattenevo gli ospiti accompagnandomi con la chitarra. Arrivò anche il momento di partecipare alla vita dei complessi musicali, prima con un gruppo della Valle di Fiemme, i Tequila, poi con gli Stafii (i fantasmi) di Bolzano con i quali suonavo già nel Sessantotto a Campitello di Fassa nell’Hotel Gran Paradis, dove incontrai mia moglie Emilia. Ritornai per alcuni anni a Trodena, il mio paese natale, ma non avevo dimenticato la passione per la musica. In quel periodo suonavo con un complesso musicale di Redagno: i “Die Jochgeier”.
Infine ha scelto la Valle di Fassa
Sì, lasciai Trodena per stabilirmi a Vigo di Fassa e, con mia moglie Emilia, presi in affitto l’Astoria. Al piano terra aprii, (era il Natale del 1972), quello che da tutti era conosciuto come “Dancing Astoria”. Un locale molto popolare, dove si esibivano gruppi locali ma anche complessi di rilievo provenienti dall’estero. Ricordo l’Ensemble Franz Mihelič (campione del mondo di fisarmonica diatonica) e i famosi Original Oberkrainer Sextett. Al Dancing Astoria si organizzavano veglioni, il ballo di Capodanno, feste di Carnevale o serate per le varie associazioni con complessi musicali locali come i Ladins, Die Lustigen Musikanten, Dolomiten Buam mit Lucia, Dolomiten Sextett e altri ancora. Qui facevo di tutto, presentatore, chitarrista, Dj (col vinile). Al servizio bar mia moglie con validi collaboratori. Un’attività intensa vissuta con passione perché offrivo alle valle di Fiemme, Fassa e Val d’Ega un luogo di ritrovo e socialità.
Come si concluse l’avventura del Dancing Astoria?
Nell’inverno del 1993 chiusi l’esperienza dell’Astoria. Avevo già costruito il mio attuale albergo, Villa Mozart, ed ero impegnato su due fronti. La sala dell’Astoria aveva necessità di lavori di adeguamento dal punto di vista della sicurezza e poi i tempi erano cambiati. Un tempo le serate iniziavano alle 21 e per le due di notte si chiudeva. Negli anni Novanta prima di mezzanotte la serata non decollava e bisognava tirare fino all’alba. Un ritmo di vita che non condividevo.
Cosa è rimasto di questa esperienza?
Tanti amici che incontro e mi ringraziano ancora oggi delle belle serate trascorse al Dancing Astoria. Alcuni di questi hanno trovato l’anima gemella proprio nel mio locale. E poi migliaia di dischi in vinile che sono rimasti come ricordo personale: la colonna sonora della mia vita.
Gilberto Bonani
