Pochi numeri fa avevo scritto del nuovo telescopio spaziale di 6,5 metri di diametro, il James Webb Space Telescope (JWST). Lo scorso giugno ha inaugurato la sua attività con una prima storica immagine che va spiegata per coglierne l’eccezionalità.
Prendete un granellino di sabbia tra le dita e allontanatelo da voi tendendo il braccio; ora portate il braccio teso verso il cielo e osservate bene lo spazio di cielo occupato da quel granellino. Fatelo però non con i vostri occhi ma tramite il JWST e la sua straordinaria potenza visiva. Dietro quel minuscolo puntino di sabbia c’era tutto quello che appare nella foto. Migliaia di galassie, ognuna contenente miliardi e miliardi di stelle, a una distanza di quasi 5 miliardi di anni luce da noi. Tutto questo in un minuscolo granello di cielo.
Non è però finita. La massa enorme di quelle migliaia di galassie crea uno dei più incredibili fenomeni naturali: una “lente gravitazionale”, un fenomeno che Einstein aveva predetto un secolo fa. In parole semplici, in quel remoto angolo di universo è come se ci fosse una enorme lente di un telescopio invisibile che ci consente di osservare galassia ancora più lontane, non visibili senza questo effetto.
Ecco pertanto cosa sono quegli strani archi di luce; se ne vedono tanti nella foto. Quegli archi sono l’immagine distorta ma ingrandita di alcune galassie ancora più lontane, la cui luce ci giunge dopo un viaggio di oltre 13 miliardi di anni. Le più remote galassie mai osservate; uno scorcio di come era l’universo 13 miliardi di anni fa. Tutto questo in un minuscolo granello di cielo… Torna allora in mente L’infinito di Leopardi: (…) Interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo (…)
Marco Vedovato
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