Martedì 17 gennaio alle ore 21 la rassegna teatrale di Fiemme prosegue al teatro comunale di Predazzo con “Il malato immaginario” della compagnia Molière, con Emilio Solfrizzi, Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Sergio Sasile, Viviana Altieri, Cristiano Dessì, Pietro Casella, Cecilia d’Amico e Rosario Coppolino. Adattamento e regia di Guglielmo Ferro.
Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, ha scritto il Malato immaginario, per il se stesso attore e lo ha interpretato sul palcoscenico fino agli ultimi istanti di vita.
Ridicolmente ipocondriaco, più timoroso di vivere che di morire, Argante si circonda di medici inetti e furbi farmacisti ben contenti di alimentarne le fobie per il proprio tornaconto personale. Una impegnativa ma centratissima prova d’attore per Emilio Solfrizzi che, accompagnato dalla regia rigorosa di Guglielmo Ferro, indosserà le vesti del pavido protagonista vittima degli inganni dei suoi interessati protettori.
Fra le risate riconosceremo, grazie al linguaggio leggero della commedia, le nostre fragilità.
Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà, fa il paio con l’idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare “i dardi dell’atroce fortuna”.
Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia è una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti. La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificando di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano, ma Molière lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni, proprio per queste ragioni un grande attore dell’età di Emilio Solfrizzi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato.
Il rifiuto della propria esistenza. La comicità di cui è intriso il capolavoro di Molière viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti. Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo:
Moliere, come tutti i giganti, con geniale intuizione anticipa modalità drammaturgiche che solo nel ’900 vedranno la luce. Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo ride del dramma altrui.