La scuola è amica dello sport?

L’8 giugno scorso, un servizio del TGR denunciava il fatto che ogni 100 studenti che alle medie praticano sport, soprattutto invernali, si passa a 40, cioè meno della metà, nei primi due anni delle superiori. Poi il crollo continua e alla maturità soltanto 2 ragazzi continuano con gare e allenamenti regolari. Concetto ribadito dal presidente della Consulta Provinciale dei Genitori, Maurizio Freschi, che constatava come “in pratica perdiamo il 98% degli atleti prima della fine del liceo”. Si aggiungeva che anche l’introduzione negli Istituti trentini del “tutor sportivo” non ha portato i risultati sperati.

Personalmente, credo che il problema si presenti con altrettanta evidenza all’Università e mi viene da pensare che quel 2% che si salva alle superiori, sia destinato ad assotigliarsi ulteriormente a livello universitario perché, pur esistendo dal 2011, nell’Università trentina, un Progetto TopSport non si è ancora pensato, ad esempio, a caricare le lezioni on line sulla piattaforma della stessa Università e questo, al di là di avere un tutor e delle agevolazioni se si è ammessi al progetto, penalizza molto chi, in certi periodi dell’anno, non può frequentare le lezioni. Ma, per quanto riguarda le scuole superiori, nello stesso servizio si affermava che l’esperienza per molti versi drammatica del Covid ha anche aperto soluzioni innovative per ovviare alle frequenti assenze, soprattutto in certi periodi dell’anno scolastico, degli studenti atleti e cioè trattare lo sport agonistico come bisogno educativo speciale attivando una didattica digitale integrata (DDI). La possibilità cioè di effettuare delle lezioni online in modo da conciliare le esigenze sportive con quelle scolastiche.

Relativamente a questo abbandono, ho voluto indagare su cosa si pensa del problema e su cosa si fa nelle nostre Valli di Fiemme e Fassa, interpellando alcuni insegnanti di educazione motoria e qualche studente. I proff. Leonardo Gaggiano e Federico Zazzeroni dell’Istituto di Istruzione “La Rosa Bianca”, rispettivamente di Cavalese e di Predazzo, mi hanno riferito che, in effetti, i ragazzi da loro interpellati all’inizio delle superiori sulla loro pratica sportiva, parlano spesso al passato, nel senso che fino alla scuola media praticavano diversi sport per poi abbandonarli con l’arrivo dell’adolescenza e delle superiori.

Le principali motivazioni che adducono sono le seguenti: “avevo problemi nel conciliare lo sport con lo studio”, “non mi piacevano le gare”, “troppa fatica negli allenamenti” o semplicemente “non mi piaceva più e non avevo più tempo”. Dal loro punto di vista occorre evitare che i valori insiti dello sport vengano compromessi dal nostro sistema scolastico che prevede un elevato numero di materie curriculari, un notevole monte ore di tempo scuola e una cospicua richiesta di compiti a casa che riducono fortemente il tempo libero extrascolastico che gli studenti possono dedicare agli allenamenti.

Aggiungono inoltre che le stesse Federazioni hanno una forte responsabilità in quanto organizzano sempre più spesso campionati e attività agonistiche giovanili che richiedono un alto livello di preparazione tecnica degli atleti ai fini di ottenere elevatissime prestazioni fin dalla giovane età. E qui può esserci una delle cause di abbandono perché lo sviluppo psico-fisico nell’età giovanile varia molto da individuo a individuo e quindi, a livello di prestazione, ciò può demotivare quei ragazzi che hanno una crescita più lenta. Sempre secondo i due proff., è importante che la scuola pubblica riconosca i ragazzi particolarmente talentuosi nello sport anche per evitarne la fuga in istituzioni scolastiche private che, dietro cospicue rette mensili, promettono agli studenti e alle famiglie maggiore flessibilità. Anche loro affermano, come già detto sopra, che l’esperienza della DAD, dovuta alla pandemia, ha evidenziato le potenzialità di un’istruzione flessibile utilizzando la DDI per consentire ai ragazzi che praticano agonismo di mantenersi in pari con i propri compagni che frequentano regolarmente le lezioni.

Concludono dicendo che il liceo “La Rosa Bianca”, sotto la guida del Dirigente, dott. Marco Felicetti, si sta muovendo già da alcuni anni con il progetto Scuola-Sport per favorire gli studenti che praticano sport a livello agonistico aiutandoli, tramite un docente coordinatore, a conciliare i vari impegni al fine di eccellere sia a scuola che nello sport. Hanno addirittura attivato un PDP (piano didattico personalizzato) , ma questo solo per alunni/e rappresentanti delle squadre nazionali assolute e/o delle relative categorie giovanili o facenti parti di realtà di natura professionistica o aggregati ai gruppi militari.

Ho potuto avere il parere di Sofia Trettel, studentessa del quinto anno a Cavalese, atleta di livello nazionale di atletica leggera, specialità velocità e ostacoli: lei afferma che il 3° anno aveva aderito al Progetto Scuola e Sport dell’Istituto e il 4° anno al Progetto Tutoraggio degli studenti sportivi della Provincia di Trento avendo avuto in entrambi i casi un indubbio aiuto, anche se, aggiunge, “sia a scuola che nello sport ho dato il massimo di me stessa senza sconti o scorciatoie”.

Un altro contributo l’ho avuto da Christian Leso, fondista del Comitato Trentino, entrato al Liceo di Cavalese il IV anno. Racconta che un ragazzo che pratica sport agonistico come lui, deve avere anzitutto una forte motivazione, una famiglia che lo sostiene e la capacità di organizzare la giornata nel migliore dei modi per riuscire a conciliare scuola e sport poiché il liceo scientifico necessita di molto impegno. Dice di aver di aver trovato, alla “Rosa Bianca” , “un ambiente sereno, disponibile, anche se il Progetto Sport è partito da poco… È importante – aggiunge – che professori e allenatori si parlino, cosa che fa regolarmente il mio tutor e cioè il mio prof. di educazione motoria che si è subito interessato ai miei programmi, al diario degli allenamenti e al calendario delle gare. Fondamentale è stato anche trovare una classe unita e collaborativa nel passarmi gli appunti durante le mie numerose assenze. Poi ci deve essere comunque un comportamento maturo, trasparente e serio da parte dello studente fatto di confronto e dialogo continuo con i professori”.

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Per il Liceo Ladino di Pozza di Fassa, ho invece sentito il prof. di educazione motoria Stefano Ellecosta che è il referente dell’Istituto in quanto tiene il collegamento tra la scuola e gli allenatori e preparatori del progetto “Ski & Ice College” nato circa vent’anni fa specificatamente per lo sci alpino, lo sci di fondo, la combianata nordica, il salto, il freestyle con lo snowboard e con gli sci. A questi sport si è aggiunto poi anche il settore ghiaccio con l’ockey e il pattinaggio artistico. Questo progetto è sostenuto dalla Provincia di Trento con 320.000 euro l’anno, ma solo per il settore “ski”. Quest’anno risultano iscritti 91 atleti nelle varie discipline che godono di agevolazioni nei tempi delle interrogazioni e delle verifiche e sono giustificati per le assenze dovute a gare sportive; assenze e contenuti vengono però recuperati dopo le vacanze pasquali con frequenze pomeridiane. I 91 atleti hanno anche un insegnante tutor che tiene i rapporti tra scuola, famiglia e figure dello “Ski & Ice College” e, in pagella, hanno una voce in più denominata “attività sportiva”, che, di fatto, è un voto in più assegnato dagli allenatori e dai preparatori. L’esame finale di maturità, comunque, precisa il prof. Ellecosta, non prevede sconti, nel senso che il programma è uguale per tutti.

Ho avuto anche la possibilità di avere la diretta testimonianza di otto studenti/atleti di quest’Istituto che praticano sport a livello agonistico che ringrazio per la loro disponibilità. I ragazzi facenti parte del progetto “Ski & Ice College” che praticano quindi sport invernali, si dicono, in genere, soddisfatti proprio per le agevolazioni di cui abbiamo parlato sopra. Più critici, invece gli studenti/ atleti impegnati in discipline non comprese nel progetto che non si sentono aiutati e facilitati nel loro doppio impegno. Dalle loro risposte, emerge anche la scarsa comprensione e collaborazione nei loro confronti da parte di certi docenti.

Personalmente credo sia importante che questi studenti s’impegnino al massimo non solo nello sport, ma anche nello studio, ma trovo paradossale che in un Istituto vocato allo sport, ci siano dei docenti indifferenti o addirittura ostili all’attività sportiva. Questi studenti/atleti, oltre a chiedere maggior comprensione da parte dei prof, suggeriscono di pensare anche per loro a dei progranmmi di recupero e a degli sportelli che gli permettano di rimanere al passo con i compagni.

Alcuni altri suggeriscono di creare un progetto per tutti i ragazzi che fanno sport a livello agonistico perché, dicono, anche quelli che non sono all’interno dello “Sky & Ice College” sono impegnati tanto quanto gli studenti che partecipano al progetto. Ottima proposta, ma difficilmente realizzabile mi spiega il Dirigente del Liceo, dott. Federico Corradini, per i costi che ciò comporterebbe, ma aggiunge anche che per gli studenti agonisti che praticano altri sport si può sicuramente fare di più e che s’impegnerà in tal senso. Non sarebbe comunque giusto addossare tutte le responsabilità dell’abbandono dell’attività sportiva alla scuola.

Ci sono anche responsabilità familiari; non sono pochi, purtroppo, i genitori che proiettano sui loro figli i propri sogni di gloria. Adulti che avrebbero voluto diventare qualcuno nello sport e non gli è riuscito e quindi cercano di realizzarlo nei figli standogli sempre addosso, controllandoli e rimproverandoli se non raggiungono i risultati desiderati. È proprio a causa di questo clima che, raggiunta l’adolescenza, molti ragazzi mollano l’attività perché capiscono di non poter eccellere o semplicemente perché riescono finalmente a scrollarsi di dosso i genitori con tutto il carico delle loro aspettative. Occorre quindi che i genitori trovino un giusto equilibrio: è bene interessarsi a ciò che il figlio fa, ma senza proiezioni ed eccessivi carichi emotivi.

“Statisticamente – scrive lo psicologo sportivo Pietro Trabucchi – i campioni con alle spalle il genitore che li ha “spinti” rappresentano una piccola eccezione rispetto al numero dei potenziali campioni bruciati da genitori troppo “presenti”. Per un altro verso, sbagliano, a mio parere quei genitori che ricattano i figli che hanno qualche insuccesso a scuola minacciandoli di togliergli l’attività sportiva o che di fronte alle prime difficoltà scolastiche, dicono al loro ragazzo di lasciare lo sport che sta praticando. Occorre infatti dargli il tempo di organizzarsi per far fronte al doppio impegno. Rinunciare allo sport, rappresenta per ogni adolescente un perdita importante sia per l’aspetto socializzante che per quello formativo che esso rappresenta.

Un esame di coscienza poi dovrebbero farselo anche certi allenatori che a loro volta puntano ai risultati più che al benessere psicofisico dei ragazzi Finché questi si stancano e mollano tutto. Credo comunque sia giusto riconoscere alla scuola il merito di avere mosso dei passi a favore dei ragazzi che praticano attività sportiva soprattutto a livello agonistico, ma serve comunque un cambio di mentalità in una parte di personale docente che non ha ancora chiaro il valore formativo dello sport soprattutto in questa nostra epoca in cui i ragazzi tendono a farsi distrarre da mille altre cose sicuramente meno educative. Concludo dicendo che la consapevolezza del grande valore educativo dello sport e non solo di quello agonistico, dovrebbe entrare con convinzione nel programma di ogni forza politica affinché si incrementino gli investimenti a favore dell’attività sportiva nelle scuole e a sostegno delle numerose Società sportive sparse sul territorio.

Paolo Degasperi

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