Una gara leggendaria per Sofia Goggia, che porta a casa una medaglia d’argento in discesa libera alle olimpiadi di Pechino. La sciatrice del V Nucleo Atleti di Predazzo, che aveva vinto un oro alle olimpiadi di Pyeongchang 2018, ha regalato la tredicesima medaglia all’Italia concludendo la gara a soli 16 centesimi dalla vincitrice, l’elvetica Corinne Suter. Al terzo posto Nadia Delago, originaria della val Gardena e all’esordio assoluto alle Olimpiadi, che ha partecipato assieme a sua sorella Nicol, la quale si è posizionata undicesima.
“Sentivo dentro di me che non ero stata velocissima perché nell’ultima parte non sentivo i miei sci veloci come sapevo – racconta Sofia -. Complimenti alla Suter, avrei firmato per l’argento. Mi dispiace un po’ per l’oro, però è stato talmente un periodo tosto che oggi è stata la giornata più facile. Dedico questa medaglia a me stessa, perché al cancelletto c’ero io, e a tutte le persone che ci hanno creduto e che mi hanno presa per mano in questo percorso che dopo Cortina sembrava andato in fumo. Questa medaglia ha un valore incredibile.
Il momento più difficile? Il lunedì dopo l’infortunio e quando qui a Pechino ho rimesso gli sci ai piedi, perché sapevo avrei dovuto far una progressione enorme e avevo quasi paura anche in campo libero di fidarmi della mia gamba, di fidarmi di me stessa nuovamente. Mi sentivo bene ancor al ginocchio ma il momento più duro sicuramente è stato quando in super-G sono incappata in una scivolata banale, sbattendo contro le reti ma per me è stata una mazzata psicologica allucinante. Pensavo di aver peggiorato la situazione ma ho avuto un pomeriggio di sconforto in cui ho pensato di non farcela. Io credo di esserci arrivata con la forza di volontà.
Penso di aver avuto una progressione incredibile sia a livello fisico che sugli sci, perché serviva il coraggio di buttarsi da una discesa nuova, dopo Cortina, senza mai essere andata ancora veloce e farlo con questa scioltezza non penso fosse da tutti. Io ci ho veramente creduto, anche nelle giornate più buie. Da dicembre 2020 ero imbattuta nella disciplina, stavo disputando una grande stagione anche in super-G e farmi male a così poco dall’evento mi ha fatto rivivere i fantasmi della stagione passata sapendo che l’Olimpiade c’è ogni quattro anni. Ci ho creduto veramente, sennò non ce l’avrei fatta.
Al cancelletto di partenza ero concentrata ma penavo solo a cosa volevo fare sugli sci. All’arrivo ho capito che i miei sci non mi avevano dato la sensazione solita nella parte sotto, e non penso sia un discorso di sci visto che sono i miei preferiti, però penso di aver sbagliato un po’ l’entrata nel piano – una curva che non mi è mai entrata bene neanche in prova -, è stata una sensazione ma ho sentito di non esser stata così veloce. Ero contenta ma sapevo che quattro decimi erano pochi.
Per il valore soggettivo è l’impresa più bella della mia carriera, per il valore della medaglia no, ma per quello che significa per me sì. Ringrazio i medici perché penso siano stati anche tacciati di pazzia per avermi rimesso sugli sci. Si son presi responsabilità allucinanti ma visto che ho sempre preso le loro parole come vangelo: infatti 12 giorni dopo ero sugli sci”.
FOTO: FISI