L’Oscar alla regia, “Il potere del cane”, a Tesero

Aveva raggiunto ben 11 nomination (qualcuno dice un numero assurdo) ma ha ottenuto solo l’Oscar per la miglior regia “Il potere del cane” di Jane Campion, western atipico, denuncia del machismo americano, l’arroganza degli uomini “forti” (ragione per cui Will Smith non si meritava l’Oscar).

Il film, in programma al cinema comunale di Tesero giovedì 7 aprile alle 21.15 all’interno della bella rassegna “Il piacere del cinema” che il giovedì successivo presenterà un imperdibile “Licorice Pizza” di Paul Thomas Anderson, è stato quindi il vero sconfitto, lasciando al delicato “Coda – i segni del cuore”, primo film a vincere l’Oscar senza andare in sala ma in streaming, la statuetta per il miglior film. Una vittoria della Apple su Netflix.

Se Coda è un film che può piacere a tutti gli spettatori più o meno esigenti, per apprezzare “Il potere del cane” secondo alcuni critici c’è bisogno di buona volontà.  Il capolavoro della Campion è meno fruibile, ma artisticamente potente, di grande forza evocativa. C’è chi lo colloca accanto ad altri illustri perdenti come Taxi driver, The Elephant Man o Le ali della libertà.

Siamo nel 1925 in Montana, un mondo che si è fermato al secolo prima. Phil autoritario e collerico capisce sempre meno il fratello George, timido e sensibile, ancor più quando George decide di sposare la vedova Rose e proteggere l’insicuro ed effemminato figlio Peter.

Nel libro “The power of dog” l’autore Thomas Savage ha condensato la sua terribile esperienza di vita, raccolta dalla Campion per creare un thriller psicologico che fa vivere allo spettatore l’oppressione di quella “gabbia dell’anima” che è il Montana dei mandriani.

La regista ci mostra dove è nata, come è sopravvissuta, quella fetta di Stati Uniti e perché è rimasta tale: per la distanza. Il tempo scorre in modo diverso, ieri come oggi, le tradizioni tribali, pre-urbane, si sono attaccate alle colline e al credo di un popolo che vive la ciclicità come una benedizione.

Un film quindi amaro, anche se forse troppo monotematico nella sua eterna attesa di un qualcosa che non succede, o meglio avviene ma con tempi e modalità differenti, senza che vi sia quell’accelerazione che ci si aspetterebbe dal cinema conformista, non da The Power of the Dog, non da Jane Campion.

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