Conversare con Claudio Zorzi è sempre piacevole anche se il tema della chiacchierata è particolarmente sensibile: la salute e la malattia, argomenti che coinvolgono tutti noi, profondamente. Claudio li affronta con un approccio diverso, mi verrebbe da dire con leggerezza, puntando, prima di tutto, sui nostri stili di vita. Siamo noi, in primis, i promotori del nostro vivere bene e quindi della nostra salute.
Essere professionisti della nostra salute prima di doverci rivolgere ai tanti specialisti delle malattie. Il messaggio è questo?
Si, il luogo della salute è legato alla nostra capacità creativa, al nostro modo di stare al mondo, per noi stessi, con gli altri e nei confronti dell’ambiente.
Questi concetti passano attraverso varie fasi che potremmo definire educazione alla salute?
Certo, prima di tutto passano dalla famiglia che potremmo definire promotrice di salute, certamente anche dalla comunità nella quale viviamo, dalla scuola.
La nostra società condivide questo approccio?
Direi poco. Siamo abituati a ragionare nei termini che, fino a quando siamo in salute, siamo dei signori. Quando subentra la malattia ci troviamo a dover decidere che è venuto il momento di fare qualche cosa. Noi, per altro, saremmo anche ben orientati e informati su come sarebbe opportuno ci nutrissimo, sull’importanza dell’attività fisica, sui pericoli del fumo o dell’alcool e su molto altro ancora.
Siamo informati sui pericoli di certe pratiche così come su di un “vivere corretto”, ma non sempre ci attiviamo per metterlo in pratica. Ci sono poi elementi difficilmente controllabili e modificabili come lo stress del vivere in una società fortemente competitiva, le differenze di reddito che penalizzano molti, etc.
Le disparità di reddito sono certamente un elemento discriminante. Vi sono molte persone che, loro malgrado, sono costrette a considerare secondaria la salute poiché hanno la priorità di mettere assieme il pranzo con la cena. È a questo che ti riferisci quando parli del reddito che penalizza e molto?
Certo, ma non solo. Dover vivere in condizioni estreme, senza futuro, impossibilitati a poter assolvere ai bisogni primari è un grave handicap nei confronti del vivere in salute. Non sto solo pensando al grande numero di persone che vivono fuori dai nostri confini ma anche ai moltissimi che sopravvivono, per esempio, nelle periferie degradate delle nostre città.
Tra le persone che ti chiedono aiuto per la loro salute vi sono persone che vivono un periodo particolarmente delicato, anche a seguito di questi due anni di pandemia, persone che hanno paura per se o per i propri cari. Vi sono parimenti anche coloro che colgono l’opportunità per un cambio di paradigma nella propria vita?
Quando, due anni e mezzo fa ero in ospedale, non pensavo certamente di essere in una situazione creativa. Non riuscivo ad immaginare il futuro per quanto ero assorbito da quel presente. Credo che oggi molte persone siano ferme, bloccate nella necessità di vivere il presente, la quotidianità per quanto dura possa essere.
Quando poi si riesce a riprendere consapevolezza di noi stessi e si gode di sufficiente autonomia, si può cogliere l’occasione per fare un salto quantico che ci permetta di considerare che anche ciò che stiamo passando ci può aiutare in un cambiamento virtuoso. Quando siamo in forte difficoltà i guai tendono a incattivirci, successivamente riusciamo a fare differenti riflessioni.
Senti che in questo periodo la gente si stia incattivendo?
Penso di sì. Questo è un clima divisivo e diabolico. Il termine Diavolo significa proprio separazione tra chi fa e chi non fa, tra chi è e chi non è. Il clima è proprio questo. Come dice Papa Francesco noi non ci salviamo da soli, ci salviamo tutti assieme.
Nel momento in cui tre quarti della popolazione mondiale non accede a cure o forme di prevenzione ci troveremo costantemente a rincorrere le varianti del Covid, sempre all’inseguimento con una buona parte dei cittadini del mondo lasciati allo sbaraglio.
Parliamo ora dell’ospedale di Fiemme e Fassa, tema particolarmente dibattuto e per altro, anche questo, parecchio divisivo. Che idea ti sei fatto?
Io sono uno strenuo difensore del fatto che la sanità, essendo un bene comune, non può essere delegata alla finanza privata. Noi abbiamo costruito un sistema sanitario universalistico ed introdurre la finanza privata in un settore molto delicato che è già in perdita di suo è un grave errore. Il privato sarà orientato a fare il proprio business e la sua priorità non sarà necessariamente l’interesse per la salute di noi cittadini.
Ad oggi abbiamo Fassa propensa per un nuovo ospedale, Fiemme maggiormente orientata alla ristrutturazione dell’ospedale di Cavalese ma le posizioni degli amministratori fiamazi sono ancora poco chiare salvo Cavalese che si è più volte espressa a favore della ristrutturazione. Anche qui divisioni. Come se ne esce?
La regia, in questa situazione di impasse, dovrebbe essere presa in mano dalla Comunità di Valle con i Sindaci in prima linea. Il tutto dovrebbe prevedere il coinvolgimento dei cittadini. In questo momento, la mia sensazione è che si lasci correre, che si prenda tempo.
Ho l’impressione che tra due anni ci troveremo di fronte ad una serie di decisioni già prese che ci legheranno a scelte mai veramente fatte e dalle quali sarà difficile prescindere. I Sindaci hanno una grande responsabilità, sia che la pensino in un modo come nell’altro. Dovrebbero aprire il dibattito tra la popolazione ed arrivare ad una sintesi forte e condivisa.
Siamo partiti, con questa nostra chiacchierata, parlando di vivere bene, in salute. Quali sono i consigli, in chiusura, che ti senti di dare ai nostri lettori, per orientare la propria vita, al perseguimento della salute?
Continuiamo ad essere conviviali, ma proviamo ad esserlo senza sostanze, legali o illegali; aumentiamo la nostra attività fisica, anche nell’orto o nel campo, iscriviamoci ad un Gruppo di Acquisto Solidale per migliorare la qualità dei nostri alimenti e promuovere una agricoltura diversa, cerchiamo un Club di Ecologia Familiare vicino a noi per coltivare le nostre relazioni, perché nessuno salva se stesso, nessuno salva gli altri, ma ci salviamo insieme con l’aiuto del mondo e preghiamo o meditiamo.
Guido Brigadoi
Un commento su “Mille malattie, una sola salute”
Grande uomo e grande dottore. Sensibile e ha fatto molto per la comunità. Non si può far altro che avere una buona opinione di lui. 🍀🌈
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