“Un’idea non è mai di una persona sola ma è figlia dell’ambiente che l’ha ospitata e fatta crescere”. lo afferma Giancarlo Dorich, in arte “Cavei” moderno “Sansone” che nella folta chioma canuta non nasconde la forza fisica ma quella aggregante e coinvolgente della musica; dal 1995 è maestro della banda di Pozza con la quale ha dato vita a esibizioni suggestive e coinvolgenti in grado, ancora oggi, di trasmettere grandi emozioni.
Giancarlo Dorich è nato e cresciuto a Pozza di Fassa e dacché hanno inizio i suoi ricordi d’infanzia, ha sempre amato la banda; fin da quando, ancora bambino, andava a vedere la sua mamma sfilare con il costume delle “Fassane”.
Quando Giancarlo entra a far parte della “Musega de Poza” ha undici anni e il suo percorso di apprendimento segue la tipica scaletta dell’epoca: a ottobre inizia con il solfeggio, a gennaio si passa allo strumento, che nel suo caso è il clarinetto, a luglio entra a far parte della formazione, ma il tempo che poi gli ci vorrà per imparare a suonare davvero una marcia… è un’altra storia!
Il suo maestro è “Paolin”, Paolo Cincelli da la Zeli, al quale, più che garantire una preparazione “tecnica” ai propri allievi interessa soprattutto trasmettere “la passione per la musica, l’impegno nel leggerla, e l’impeto nel suonarla”. La banda diventa una costante nella vita di Giancarlo: non la lascerà mai più, né quando andrà a studiare fuori Valle, né quando verrà assunto come tecnico audio alla Rai di Bolzano; un’esperienza importante durata sette anni dalla quale sono nate tante collaborazioni che spesso si sono rinnovate proprio in occasione di importanti eventi. Come quello che di certo rimarrà nella storia: il concerto organizzato con la “Musega de Poza” sulla sommità delle torri del Vajolet.
Un evento unico ed eccezionale nato casualmente quando Giancarlo, che da sempre soffre di vertigini, decide di sfidare i propri limiti cimentandosi per la prima volta in una scalata, con l’aiuto di un amico bandista esperto di montagna.
“Devo trovare un espediente che mi obblighi a non tirarmi indietro” si disse quella volta Giancarlo. Ed è così che la sua “prima volta “sulle torri viene organizzata in compagnia di otto bandisti che lo accompagnano nell’impresa con tanto di strumenti al seguito. L’espediente funziona, Giancarlo rimane concentrato fino alla fine, passaggio dopo passaggio, raggiunge la cima insieme ai suoi suonatori. È pura magia. Un’emozione tanto forte che tutti insieme decidono di ripeterla coinvolgendo il maggior numero di bandisti.
È il 2003 quando si ritrovano nuovamente davanti al Rifugio Re Alberto, stavolta i bandisti di Pozza sono ventotto: per dieci di loro si tratta della prima arrampicata. Tutti indossano il costume della banda. Nello zaino ognuno porta il proprio strumento, la grancassa legata alla schiena con una corda.
Quando i ventotto arrivano in cima si distribuiscono sulle tre sommità, il trombettista invece è appeso ad una corda assicurata tra due delle torri. Il maestro estrae la bacchetta, si alza in piedi e il concerto ha inizio. Non c’è nessuno ad ascoltarli. Suonano per loro, per celebrare la maestosità di un teatro naturale che toglie il fiato, per onorare la magnificenza di un territorio che in quell’attimo è più che mai casa e culla di incredibili emozioni, per ricordare l’intensità di un momento che li unirà per sempre. Non ci sarebbe dovuto essere nessuno a filmare l’impresa ma all’improvviso un elicottero li raggiunge: a bordo c’è Fulvio De Martin, uno dei vecchi collaboratori di Giancarlo alla Rai di Bolzano: è in zona per filmare un concerto della rassegna “I Suoni delle Dolomiti” ed è riuscito a liberarsi giusto in tempo per riprendere il tutto.
Le immagini fanno il giro del mondo: il giorno dopo sono su Rai International, dodici anni più tardi la Provincia di Trento le utilizzerà all’apertura dello stand di Expo Milano, e quando il video viene caricato su YouTube le visualizzazioni diventano centinaia di migliaia.
Risultati importanti ma non è mai stato questo l’ obiettivo di Giancarlo che da sempre sente forte la responsabilità sociale del suo ruolo: “Come maestro di banda sento di avere tra le mani una sorgente di comunità, oltre ad un vero e proprio patrimonio storico e culturale. Il mio ruolo è creare armonia all’interno di un gruppo dove si trovano a dover collaborare tante generazioni diverse, uomini e donne dai tredici ai settant’anni, in un contesto che nemmeno nelle famiglie più numerose è possibile trovare.
C’è tutto il valore dello stare e del fare insieme nelle parole di Giancarlo Dorich che negli anni non ha perso occasione per dar vita a significative collaborazioni nei contesti più disparati. È il caso del grande concerto organizzato nel 2015 per la commemorazione del centenario della Prima guerra mondiale che ha visto riunite tutte le bande della Val di Fassa in uno spettacolo senza precedenti che, all’interno di un suggestivo anfiteatro d’alta montagna, in località Jonta di Val San Nicolò, ha ricreato, anche attraverso un accurato studio di luci, scenografie e alle letture del giornalista e scrittore Paolo Rumiz tutta la drammaticità dell’atmosfera del fronte.
Molte poi le collaborazioni con il noto trombettista Paolo Fresu con il quale nel 2018 la Banda di Pozza si trova a suonare durante uno degli appuntamenti dei Suoni delle Dolomiti tra le cime del Catinaccio: “In quell’occasione volevamo anche la presenza di tre suonatori di corno. Io li avevo trovati ma poi con l’avvicinarsi della data uno si era ammalato mentre un altro si era rotto la gamba… poi però quest’ultimo si è presentato ugualmente, con tanto di gesso pur di partecipare ad un evento che si prospettava più unico che raro. E così è stato. Se ci penso mi vengono ancora i brividi. Il suono circolare dei corni creava un gioco unico con l’eco delle montagne tutt’attorno e Fresu giocava con le loro tonalità armonizzando il tutto con la sua tromba sulla quale ci siamo poi inseriti noi della banda. Ad ascoltarci quel giorno c’erano cinquemila persone. Ci siamo ritrovati ancora con Fresu, proprio alla fine del lockdown del 2020 quando “insieme” abbiamo duettato sulle note di “No potho reposare”, noi da una verdissima piana del paese di Pozza e lui da una splendida costa della sua Sardegna.” La testimonianza della musica che unisce oltre le distanze, crea aggregazione e alle volte ci rende perfino persone migliori.
“Io non ho studiato al conservatorio, ho imparato a suonare nella banda perciò più che la capacità di individuare le velleità musicali di chi ho davanti ho sviluppato quella di percepire la loro personalità.
“Credo che il mio compito sia far sì che chiunque dimostri impegno e passione trovi il proprio posto all’interno della banda. Ho visto persone crescere all’interno del gruppo sviluppando qualità da veri trascinatori a prescindere dalle loro capacità di suonatori. Spesso l’aggregazione che si crea tra i ragazzi della banda li porta a riunirsi anche al di fuori di questo contesto, collaborando con associazioni di volontariato o partecipando ad altre iniziative del paese e credo nulla mi renda più felice del veder continuare in loro lo spirito di comunità di cui le bande tutte sono portatrici”.
Leonilde Sommavilla