Studenti e lavoro, un futuro incerto

«Cosa farò da grande?». Una domanda che ci siamo posti tutti nella vita. Una domanda difficile e ansiogena, oggi ancora di più per i giovani che vivono in un mondo complicato. Un tempo le possibilità erano meno numerose e canalizzate da consuetudini, mentre gli studenti che affrontano il percorso scolastico oggi si trovano sulla riva di un grande mare, a volte senza una stella a indicare la rotta. La scuola fa molto in questo settore. Da decine di anni sono proposte attività di «orientamento» che fanno leva sull’informazione, ma non solo. Gli studenti sono chiamati a verificare i propri talenti, le inclinazioni, gli interessi, le motivazioni che spingono a intraprendere un percorso rispetto a un altro.

Del tema ne abbiamo parlato con il dirigente dell’Istituto “La Rosa Bianca”, Marco Felicetti e con due docenti, Stefania Zanotti e Micaela Montorfano che hanno il ruolo di coordinatrici nelle attività di orientamento. «Nonostante l’evoluzione dei tempi – afferma il dirigente Marco Felicetti – Fassa, Fiemme e Primiero sono i territori che in Trentino contano il minor numero di laureati in corsi triennali o magistrali. Per il territorio significa carenza di quadri direttivi, le aziende hanno sempre maggiore difficoltà a trovare figure da inserire in ruoli apicali». Emblematico il caso del Comun general de Fascia a cui non mancano le risorse economiche ma difetta di personale da mettere a capo di uffici e progetti.

Situazione analoga in aziende del territorio che devono «importare» tecnici di alta formazione da altre regioni, persone non sempre disponibili a trasferirsi in territori ameni ma decentrati. «In questa direzione – continua Felicetti – sono stati fatti alcuni tentativi ma i risultati non sono corrispondenti alle energie messe in campo. Abbiamo creato la possibilità agli studenti dei corsi di formazione professionale di Tesero di raggiungere la maturità con percorsi suppletivi, teniamo corsi serali per lavoratori e Predazzo è anche sede di un corso universitario triennale in Gestione aziendale collegato con il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento. I numeri sono esigui, l’immagine delle due valli è di un bacino esaurito in cui manca una massa critica di giovani».

e due coordinatrici sono impegnate a governare una serie di iniziative di tipo orientativo. «Partecipiamo ogni anno a una successione di proposte dedicate ai giovani. Ragazze e ragazzi hanno opportunità di andare all’estero partecipando a progetti, tirocini, scambi internazionali, full immersion linguistici nel territorio europeo. Utile anche la possibilità di svolgere, dopo gli studi, un periodo di servizio civile. È un modo per avvicinarsi al mondo del lavoro, diventare cittadini attivi, sperimentare un’ampia gamma di attività in cui mettersi in gioco, apprendere da professionisti del settore, fare rete e interagire con altri giovani, avendo in cambio una minima autonomia economica fissata a 600 euro mensili. Purtroppo – spiegano le docenti – sono esperienze poco esplorate dai nostri giovani che vivono in una realtà dove è possibile guadagnare molto di più con un lavoro stagionale nelle aziende alberghiere».

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Molto puntuale poi l’informazione dedicata a corsi universitari di Trento e Bolzano con seminari didattici tenuti da docenti dei due atenei direttamente nelle scuole di valle. C’è anche la possibilità, insieme all’Agenzia del lavoro, di valutare le personali motivazioni, preparare un colloquio di lavoro, curare la propria reputazione digitale (la nostra immagine percepita sui social) e conoscere i canali per trovare un impiego. Insomma l’impegno non manca e gli strumenti in campo sono diversificati. Purtroppo tanto lavoro non protegge le valli di Fassa e Fiemme dalla dispersione scolastica (chi abbandona prematuramente la scuola) e dai «Neet», persone che non studiano, né lavorano né seguono un percorso di formazione. «Il fenomeno interessa specialmente famiglie di immigrati con permanenza temporanea in Fassa e Fiemme. Sono giovani esposti allo sfruttamento in lavori occasionali e pagati in nero» afferma il dirigente Felicetti.

Nella recente assemblea di Confindustria di Trento il presidente Fausto Manzana ha parlato di carenze nel reperire risorse umane. Particolarmente acuta la scarsità di laureati nelle discipline scientifiche, tecniche e matematiche ed è forte il divario tra esigenze delle imprese e la qualificazione dei giovani. In particolare si segnala la carenza di ben il 77,5% di diplomati nell’istruzione tecnica superiore. Una ricerca effettuata condotta in Trentino da quattro enti di ricerca ha analizzato il percorso di 15mila 845 studenti che hanno conseguito il diploma di terza media negli anni scolastici 2008 – 2009, 2009- 2010 e 2010 – 2011.

Dallo studio emerge che a due anni di conseguimento di un diploma o qualifica di scuola professionale il 40% lavora nelle attività turistiche, un altro 40% nei settori metalmeccanici, manifatturiero ed edilizia. Quasi l’8% entra nel settore servizi alle imprese. La maggior parte dei giovani lavoratori trentini arriva dalla formazione professionale (il 67% dei ragazzi e il 57% delle ragazze). Subito dopo ci sono i diplomati degli istituti tecnici ed economici. Sono pochi invece gli impiegati in possesso di una maturità liceale, probabilmente perché impegnati negli studi universitari. Tra gli occupati che provengono dagli studi liceali è maggiore l’incidenza degli stranieri, un dato che riflette la maggior propensione (e disponibilità economiche) dei giovani italiani a proseguire gli studi e quindi ritardare l’ingresso nel mondo del lavoro. In Trentino, e quindi nelle nostre valli, le occasioni di lavoro non mancano ma il problema sta nel far incontrare domanda e offerta.

Gilberto Bonani

dentelin.eu
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