Saldamente legato alla roccia

Pubblicato nel 2015

Tone Rizzi de Poldin de Grava, classe 1931 è una istituzione in Valle di Fassa. È conosciuto per la sua lunga militanza nei “Ciamorces de Fascia”, il gruppo di guide alpine fassane, ma anche come ardito soccorritore in parete. A quel tempo non c’erano elicotteri e i malcapitati alpinisti rimasti incrodati si raggiungevano dopo lunghe e rischiose salite anche in ore notturne. Non tutti sanno però che questo gigante dalle mani nodose è un appassionato cercatore e collezionista di minerali. Dal suo interesse è nato il museo mineralogico “Monzoni” a Vigo di Fassa. Un’esposizione importante realizzata in collaborazione con il Gruppo mineralogico di Fassa e Fiemme che conta una quarantina di associati.

Come è nata la passione di andare in roccia?

Era la fine della seconda guerra mondiale e mio fratello mi invitò ad andare con lui ad aprire una via nuova sullo spigolo del Sas de le Undesc (Cima Undici nel gruppo Monzoni – Valacia). A quel tempo avevo solo 16 anni e prima di allora non avevo mai messo le mani su pareti simili. L’esperienza mi entusiasmò e nel giro di due anni salivo sul sesto grado anche come primo di cordata.

Non era facile a quel tempo, con attrezzature un po’ approssimative…

Certo. Allora avevamo a disposizione corde di canapa che con l’acqua e il freddo diventavano della consistenza del filo di ferro. Usavamo pochi chiodi, di quelli classici, e ci attrezzavamo con cunei di legno nei quali inserivamo dei fili d’acciaio ricavati dai cavi per freni utilizzati nelle biciclette. I primi chiodi a espansione li ho visti sulle vie tracciate dal grande Eisenstecken sulle nostre Dolomiti.

Che rapporto c’è tra l’alpinismo e la ricerca di minerali?

Come guida alpina avevo molti clienti: dai nobili ai ricchi imprenditori. Ho lavorato, specialmente nei primi tempi, con affermati geologi che erano interessati più a conoscere la realtà mineralogica della Valle che a raggiungere le vette. E così spesso li accompagnavo nei posti, anche più reconditi delle nostre valli e ascoltavo con interesse le loro spiegazioni con un doppio vantaggio: mi facevo pagare la giornata e apprendevo i luoghi dove si trovavano i minerali e fossili più interessanti.

E di qui…..

E di qui il passo è stato breve. Nei momenti liberi tornavo sul Buffaure, Drio le Pale, Toal del Malinverno, della Foia, Alochet, le Selle, giusto per citare alcune località. In passato i minerali si trovavano in superficie mentre ora è necessario scavare seguendo le regole fissate per non danneggiare l’ambiente. In passato c’era chi usava anche la dinamite per portare alla luce i minerali ma l’onda d’urto frantumava i cristalli.

Ci sono dei segni sul territorio che possono aiutare il cercatore di minerali?

La ricchezza mineralogica della Valle di Fassa è dovuta alla varietà delle sue formazioni. Abbiamo rocce di tutti i tipi che sono entrate in contatto con almeno tre vulcani, due in Val di Fassa e il più importante in Fiemme, precisamente nell’area di Predazzo. È proprio nella zona di contatto con questi vulcani che si sono formati i cristalli più belli. C’è un minerale che prende il nome proprio dalla nostra valle: la Fassaite, di colore verde più o meno scuro in relazione alla quantità di ferro contenuta.

La raccolta dei minerali richiede tempo?

Certo perché non basta impegnare una domenica per salire sulle montagne e tornare alla sera con uno zaino particolarmente pesante. I minerali vanno classificati, puliti, sistemati nelle vetrinette, fotografati. Insomma è un’attività che assorbe molte energie.

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