Un anno di maltrattamenti

Sul numero di maggio dell’Avisio abbiamo inaugurato la nuova rubrica “Caro psicoterapeuta”, a cura del dott. Paolo Degasperi. La proponiamo anche qui.

Sì, diciamola tutta, del covid-19 (scusate se lo scrivo minuscolo, ma non merita certo la mia stima!) ne abbiamo tutti le tasche piene. Ormai abbiamo liso i cuscini del divano e le stradine e i sentierini vicini a casa li abbiamo percorsi e ripercorsi fino a farli sprofondare come quello della vecchia pubblicità del supermercato Conad. Insomma, siamo tutti, chi più chi meno, un po’ depressi perché non si può programmare neppure una gita fuori porta o, per noi, fuori Valle, immaginiamoci poi un viaggio o più semplicemente una cena fra amici o un pranzo con i parenti. E poi sempre con questa mascherina, ormai un’ossessione, col rischio che col tempo ci vengano anche le orecchie a sventola. A patirne di più sono stati comunque i bambini e i ragazzi scippati anche della scuola.

 Chi l’avrebbe mai detto che i più grandi avrebbero addirittura protestato per non poterci andare perché va bene se un giorno manca un prof o se si sta a casa una settimana, quindici giorni, ma quando diventano mesi, allora no, si va in crisi d’astinenza di amici, di chiacchiere, di scherzi, di risate, di batticuore per il primo amore… Ma c’è anche chi a scuola fa proprio fatica ad andarci o che già ci andava poco e così non ci va più.

E non parliamo dei più piccoli a cui manca il contatto fisico con i compagni, ma anche con la maestra, lo strusciarcisi addosso con la scusa di chiederle qualcosa. C’è poi chi tra i ragazzi è più timido e già prima preferiva chattare anziché incontrarsi con gli amici e così ora si è chiuso del tutto perché il covid gli ha fornito un ottimo pretesto per murarsi in casa. Certo, gli insegnanti sono stati costretti a diventare tecnologici e a superare certi blocchi avvalendosi di nuovi sussidi, ma le videolezioni possono essere utili per un breve periodo, ma poi diventano pesanti, fredde e anche noiose perché manca la battuta, l’intervento scemo che fa ridere, il cazziatone che ogni tanto ci sta e che richiama gli alunni alla responsabilità e all’impegno.

 E che dire dei genitori, prima molto o abbastanza assenti ed ora fin troppo presenti, loro malgrado? Un bene perché finalmente possono dedicare del tempo ai loro figli in certi casi trascurati, ma anche un peso che  toglie loro il respiro e la possibilità di fiatare e pensare un po’a se stessi. Per le mamme più sopportabile perché più abituate all’accudimento, per molti papà quasi un trauma, un doversi reinventare come compagni di gioco o docenti improvvisati o, … come educatori. Doppiamente pesante per coloro che devono lavorare in smart-working con i bambini che gli girano attorno e che gli chiedono di giocare perché gli asili sono chiusi e la baby-sitter non si trova o non se la possono  permettere. E questo quando tutto va bene, quando la casa è abbastanza spaziosa, ma quando la coppia è in crisi e la casa poco più di un monolocale? Allora scoppiano più facilmente i litigi e aumenta purtroppo anche la violenza domestica, come è stato rilevato. E cosa è successo all’amore, quello di coppia e alla sessualità? Più tempo per fare all’amore sicuramente c’è stato. Il lockdown porterà a un altro baby-boom come quello degli anni Sessanta in seguito al cosiddetto “miracolo economico”? In passato, era matematico, dopo un conflitto o una pandemia, la natalità schizzava verso l’alto, ma oggi con i contraccettivi, il lavoro precario e lo scarso sostegno dello stato alle famiglie è molto improbabile e poi, si sa, la depressione non aiuta l’eros. Forse il covid, obtorto collo, ha favorito la fedeltà coniugale. Sarà stato difficile, in questo periodo, vedere qualche amante in vestaglia passeggiare su qualche cornicione rocambolescamente raggiunto dopo l’arrivo improvviso del marito come nel film “The woman in red”. E anche chi è aduso all’amore mercenario deve aver patito le pene dell’inferno oppure avrà rischiato e forse pagato un prezzo assai maggiorato a causa di qualche vigile o poliziotto poco sensibili alle sue esigenze.

 E che dire delle persone sole? Un dramma nel dramma se non hanno avuto la fortuna di avere qualche volontario che gli passava per casa. E veniamo ai nonni che in Italia spesso suppliscono le carenze dello stato sociale. Purtroppo il covid se n’è portato via parecchi o li ha costretti a stare chiusi in casa senza il calore dei nipotini e dei figli. In certi casi, bisogna essere sinceri, hanno anche riposato perchè spesso i nipotini scorazzano in casa loro parecchie ore al giorno e, come nonno, hanno tutta la mia ammirazione. In altri casi hanno respirato generi e nuore liberati improvvisamente dalle incursioni di suocere troppo invadenti. In generale, però, è mancato ai nipotini l’amore diverso, più rilassato dei nonni, la loro pazienza, la loro complicità, i loro dolcetti spesso proibiti da genitori troppo salutisti. E ai nonni sono mancate le loro carezze, i loro abbracci, i loro baci sbavosi che lasciano sul viso il loro ricordo quando vengono a prenderseli i genitori. Sì, il covid ha colpito duro l’economia e il lavoro, ma anche la sfera affettiva perché lo stare distanziati per forza, il doversi mascherare, il non potersi incontrare cozza violentemente contro il nostro essere animali sociali caratteristica che ci ha portati ad evolvere da parenti degli scimpanzè all’homo sapiens sapiens di oggi che ci ha permesso, tra l’altro, di trovare l’antidoto alla pestilenza che, a ondate successive, ci sta affliggendo da più di un anno.

 E allora auguriamoci di tornare il più presto possibile alla socialità di un tempo fatta di incontri, di strette di mano, di abbracci, di baci, di pranzi e cene conviviali, di teatro, di cinema, concerti e tanto altro.

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