Un hotel di ghiaccio nelle nostre valli

Lui si chiama Luca Roncoroni, è comasco, ha 48 anni e da diversi anni è il direttore creativo dell’IceHotel, il celebre hotel realizzato con neve e ghiaccio a Jukkasjärvi, nella Lapponia svedese, che quest’inverno apre per la trentaduesima stagione.

Nel periodo in cui il riscaldamento globale fa più paura, abbiamo voluto giocare con il paradosso chiedendogli come si costruisce un hotel di ghiaccio e se è teoricamente possibile realizzarne uno anche nelle nostre valli, alla luce del fatto che per Natale anche a Livigno un hotel inaugura tre “dependance” di lusso in questo modo.

“L’IceHotel si trova in Svezia, non lontano da Kiruna che è uno ski resort piuttosto conosciuto, 200 km sopra al Circolo Polare Artico nella terra dei Sami. Cominciamo a lavorare alla realizzazione della struttura all’inizio di novembre, appena le temperature consentono di sparare la neve programmata che ci serve”, ci racconta Luca Roncoroni.

“L’hotel infatti non è composto da blocchi di ghiaccio ma soprattutto da neve prodotta dai cannoni – che ha la consistenza e la percentuale di umidità che ci serve – che poi viene compattata. All’inizio costruiamo la struttura dell’hotel con i cosiddetti casseri, dei cassoni di metallo e legno su cui poi stendiamo la neve come fosse una gettata di cemento. Una volta che lo strato è consolidato, togliamo i casseri e la struttura rimane in piedi”.

La struttura di neve arriva solitamente ad un’altezza massima di 7 metri, è su un solo livello (anche se in passato si è riusciti anche a salire a più piani) e ha una superficie calpestabile di circa 3700 metri quadrati, più o meno mezzo campo di calcio. Si contano 35 camere e circa 80 posti letto, oltre a tutte le zone comuni, dall’Ice Bar alla chiesa dove si svolgono decine di cerimonie e funzioni religiose.

L’IceHotel, non solo per gli svedesi, è molto richiesto come location per matrimoni e viaggi di nozze. La tradizione è stata rispettata anche quest’anno e l’albergo verrà inaugurato e aperto il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, che è una festa tradizionale svedese e da ora alla chiusura a metà di aprile, si opera una attività di manutenzione quotidiana che riguarda lo stato della mobilia e delle opere d’arte che possono degradarsi e soprattutto dei pavimenti: bisogna infatti impedire che a terra si formi ghiaccio che farebbe scivolare gli ospiti, per cui quintali di neve fresca vengono costantemente gettati al suolo, compattati e livellati.

All’interno dell’hotel, infatti, la temperatura si mantiene costante tra i -3 °C e i -8 °C. Da marzo al giorno della chiusura si fanno anche controlli di sicurezza giornalieri sullo stato delle strutture. Va da Sé che, per sua natura, nell’hotel non siano previsti né acqua corrente né riscaldamento.

In realtà, architetti e operai – una settantina in totale – lavorano alla realizzazione dell’IceHotel per dodici mesi e, già all’inizio di marzo quando la struttura comincia a sciogliersi, comincia la schedulazione del programma per la realizzazione di quello successivo: “In questo periodo dobbiamo estrarre circa 1200 enormi cubi di ghiaccio delle dimensioni approssimative di 2 metri di lunghezza per uno di altezza e uno di profondità dal fiume Torne che scorre non lontano dalla nostra sede. Sono ovviamente piccoli iceberg che si staccano dalla superficie e finirebbero nel lago. Ognuno di questi blocchi pesa circa 1,7 tonnellate: con una serie di macchinari specifici, li preleviamo e li stiviamo in magazzini coibentati simili a quelli in cui i supermercati conservano i prodotti freschi.

In realtà questi blocchi non ci serviranno propriamente per realizzare la struttura portante ma piuttosto per le opere accessorie, dal bancone del bar alla reception alle opere d’arte che impreziosiscono l’hotel. Già in estate cominciamo a tagliarli e lavorarli. Molti sono gli scultori provenienti da tutto il mondo che realizzano opere di contenuto artistico ma anche colonne, lampadari, arredi e complementi e perfino i bicchieri dove vengono serviti i cocktail”.

E a fine stagione cosa succede? Basta l’opera del sole per demolire la struttura dell’hotel? “Lasciare tornare l’acqua nel fiume dove la abbiamo presa un anno prima fa parte della filosofia dell’IceHotel. Non mettiamo delle cariche di esplosivo e raramente intervegnono i bulldozer ma lo lasciamo semplicemente sciogliere, transennadolo per fare in modo che nessuno possa entrare correndo dei pericoli. Il giorno della chiusura ci preoccupiamo di togliere solo le lampade e gli interruttori e a metà giugno recuperiamo i cavi elettrici che troviamo sparsi sul terreno”.

L’IceHotel svedese è stato il primo hotel al mondo di questo genere ma oggi non è l’unico. Esiste qualcosa del genere altrove in Scandinavia, Alaska e Canada ma non sono strutture così ampie e raffinate. Sulle Alpi – e in particolare in Italia sul versante meridionale della catena – sarebbe impossibile far vivere un hotel del Vania Cusini genere Perché il periodo di apertura è troppo breve e non si riuscirebbe a rientrare nei costi.

Aprono quindi solo piccoli aggregati di igloo, facili da costruire, dove è possibile dormire una notte: ce ne sono a Speikboden sopra Campo Tures, in Senales attorno al Rifugio Bellavista e in Friuli Venezia Giulia c’è perfino uno Spirit Igloo Village. Unica eccezione a Livigno dove da qualche anno l’Hotel Lac Salin SPA & Mountain Resort****S chiede all’artista locale Vania Cusini di realizzare tre chalet di lusso nelle vicinanze della struttura.

“Il paese si trova a 1816 metri di quota e solitamente c’è neve naturale già all’inizio di Novembre”, racconta all’Avisio. La tecnica di costruzione non è molto dissimile: “Anche noi abbiamo una armatura esterna di 9 metri di lunghezza, all’interno della quale però inseriamo uno speciale enorme pallone pieno d’aria: noi riempiamo questa scatola di neve programmata che è secca e funziona meglio di quella naturale, la fresiamo e poi sgonfiamo il pallone che lascia uno spazio vuoto all’interno dove dormiranno gli ospiti”.

Le pareti esterne della scatola vengono poi scolpite riproducendo la facciata di una baita livignasca fin nei particolari, ogni anno con temi particolari, ma all’interno la camera da letto ha forma sferica proprio come gli igloo. La volta a vela permette di scaricare a terra il peso della neve: “Sono 450 metri cubi di neve per ogni chalet. I muri soneino spessi due metri e la camera interna ha un diametro di 5 metri abbondanti. L’apertura? In una stagione normale va dalla metà di dicembre alla metà di marzo”.

Un pernottamento in questa Snow Dream Experience prevede una cena a lume di candela in una esclusiva “Stua da Legn”, si beve una tisana alle erbe alpine prima della buonanotte, ci si addormenta poi a una temperatura attorno allo zero e ci si sveglia con un tè o un caffè bollente serviti direttamente a letto.

Sarebbe possibile vedere una struttura del genere anche nelle nostre valli? Va da Sé che dovremmo immaginare la scelta della location ad una quota sopra i 1800 metri, in un posto particolarmente freddo ma vicino ad un rifugio o a un hotel che possa dare almeno i servizi essenziali, dal bagno alla ristorazione. In linea puramente teorica e senza tenere conto della proprietà dei terreni, il pensiero va naturalmente al Passo del Fedaia dove ci sarebbero le condizioni perfette ma dove forse manca lo spazio per realizzare qualche chalet di questo genere. Anche in cima al Pordoi e perfino al Sella gli spazi sembrano ristretti mentre invece non mancherebbero al Passo Costalunga e ancor meno al Passo Rolle.

Enrico Maria Corno

Chalet di neve a Livigno
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