Alessandro Vadagnini, moenese, lavora con successo lontano dal Trentino. Dopo essere stato direttore del Consorzio Moena Welcome (che ai tempi aveva come soci una quarantina di alberghi e gli impianti di risalita) alla fine degli anni ’90, si è occupato di vendite per la catena di hotel di lusso Falkensteiner in Alto Adige, arrivando poi a gestire direttamente villaggi turistici nelle Marche, hotel a cinque stelle in Sardegna fino a diventare Presidente e socio al 50% dei Mira Hotels che gestiscono quattro hotel di lusso in Italia. Il rapporto con le nostre valli non è mai mancato (“ho gestito per diversi anni anche l’Hotel Monzoni al Passo San Pellegrino”) e, dal tono della voce, si comprende inequivocabilmente il piacere di parlare delle nostre montagne, anche se ormai lavora nella sede del gruppo ad Affi, sul Lago di Garda. Un bagaglio di esperienza di grande spessore che lo porta tuttora a conoscere le meccaniche del turismo italiano nel suo complesso – il mercato del lusso così come del low cost, quello del mare ma anche quello della montagna. Il gruppo Mira Hotels conta al momento quattro strutture di alto livello in altrettante destinazioni italiane – da Alagna sotto il Monte Rosa (dove peraltro la struttura è stata realizzata dalla fassana Rasom) fino al Salento, sul mare di Siracusa in Sicilia e su quello di Follonica in Toscana”.
I grandi esperti di turismo internazionali sono concordi nell’affermare che il futuro del turismo nel lungo periodo stia sulle Alpi perchè nei prossimi trent’anni le metropoli e le grandi città europee continueranno a crescere in maniera inversamente proporzionale alla qualità della vita che possono offrire. La montagna di conseguenza diventerà una valvola di sfogo e un obiettivo per chi vive in pianura perché, anche fuori stagione, la montagna stessa trasmette un’idea di benessere che va oltre la neve, oltre la possibilità di sciare e oltre la classica immagine del tagliere di speck e formaggi sulla terrazza del rifugio in estate. Lei è d’accordo?
“Senz’altro. Le confesso che non a caso il mio gruppo sta cercando una seconda struttura in montagna proprio per questo. C’è un trend positivo evidente che verrà accentuato dalle vicende attuali della pandemia. Noi lo scorso anno abbiamo rivisto tutto il nostro prodotto e ci siamo orientati su strutture in mezzo alla natura dove fosse possibile abbinare anche la possibilità di fare attività sportive all’aria aperta. Noi in particolare puntiamo sul golf che necessita di verde e di grandi spazi ma chi punta sulle escursioni, sull’arrampicata, sulla bicicletta e su quanta alòtre attività outdoor abbiano da offrire le Alpi è arrivato alls tessa conclusione”.
Cosa possono fare le nostre valli per far crescere questo trend e per far sì che Fiemme e Fassa possano diventare un punto di riferimento costante del turismo internazionale garantendo un futuro per le future generazioni di valligiani? Non crede che bisognerebbe programmare una serie di azioni – di concerto con le istituzioni provinciali – per superare certi limiti strutturali che sono insiti nel nostro DNA? Pensiamo ad una crescita nella qualità dell’ospitalità e dei servizi in Fiemme, che peraltro oggi è sulle mappe del turismo internazionale a differenza di quanto si potesse dire trent’anni fa. Pensiamo alla val di Fassa che deve confrontarsi tutti i giorni con la sovrabbondanza di posti letto in appartamento rispetto a quelli in albergo e che, rispetto alle altre valli ladine, soffre una mancanza di strutture ad altissimo livello.
“Concordo, soprattutto nel fatto che servirebbero più strutture a quattro o cinque stelle. E dovrebbero essere anche di grandi dimensioni da almeno 100 camere perché sotto le 60/65 si fa comunque poca strada. È vero che dalle nostre parti potrebbe esserci molto da migliorare ma è anche vero che spesso noi per primi ci dimentichiamo di quanto le nostre valli possano offrire. Se lo lasci dire da chi ha lavorato in Pusteria e in giro per l’Italia: le montagne e i panorami che abbiamo noi sono invidiati da tutti. Tante volte si dice che ci sono tanti problemi nelle nostre valli ma secondo Fassa e Fiemme me sono o potrebbero essere al top del turismo perché abbiamo qualità che le altre destinazioni non hanno. Specialmente quando torno a Moena, capisco quanto la località sia invidiata dalle altre zone turistiche e vedo, ad esempio, cosa è stato fatto in paese in termini di arredo negli ultimi anni. Tante volte si tende a piangersi addosso però secondo me siamo molto più avanti rispetto a molte altre località. Allungare la stagione aprendo all’inizio di giugno e chiudendo in ottobre come fanno in Alto Adige? Finché gli italiani saranno abituati ad andare in vacanza solo all’inizio di luglio sarà difficile. E farlo adesso sarebbe comunque pericoloso. Anche noi ad Alagna teniamo aperto solo dal 15 giugno al 15 settembre ma, per tenere aperto nella parte più bassa della stagione, dobbiamo sperare nel bel tempo e puntare molto su tutta una serie di attività alternative, a cominciare dal centro benessere. Per portare i turisti stranieri a inizio giugno e a fine settembre servirebbe prima costruirsi una reputazione all’estero e per quello ci vuole tempo”.
La scorsa estate – grazie o malgrado il Covid che limitava l’accesso alle spiagge – la montagna ha visto un successo di pubblico inaspettato. Molti di coloro che hanno trascorso le vacanze in Fiemme e Fassa erano palesemente alla prima vacanza estiva sulle Alpi. Secondo lei quest’anno quanti di loro torneranno?
“Torneranno se sono stati ospitati bene lo scorso anno, certo non tutti ma buona parte di loro. Non a caso, posso dire che noi abbiamo già molte prenotazioni per l’estate nel nostro albergo di Alagna Valsesia”.
L’intervista completa di Enrico Maria Corno a Vadagnini è pubblicata sull’Avisio di febbraio, scaricabile qui.