Il periodo è davvero molto confuso. Di qualunque argomento si parli – dai vaccini alla guerra – è praticamente impossibile comprendere da che parte stia la verità e ancor meno capire con quali criteri vengano prese le decisioni che cascano sulle nostre teste.
L’oggetto del contendere “più caldo” – è il caso di usare questo aggettivo – è ovviamente la sostenibilità ambientale. È vero che i paradossi sono di questo mondo ma a Milano i diesel Euro5 dotati di filtro antiparticolato non possono circolare perchè producono troppo CO2 ma nessuno si preoccupa del metano prodotto dagli allevamenti che è 40 volte più dannoso. Il fatto che poi si estingua nell’atmosfera più velocemente dell’anidride carbonica non consola e non risolve la questione. Solo la Nuova Zelanda ha proposto alle aziende zootecniche un sistema di controllo – ovviamente incentivato) delle emissioni di gas naturale nelle stalle.
Di certo il COP 27 (la conferenza mondiale sui cambiamentri climatici organizzata dalle Nazioni Unite) concluso a fine novembre in Egitto non ha chiarito le idee su cosa ci aspetta in futuro, un po’ perchè poco è cambiato dalla prima edizione ma soprattutto perchè tre dei quattro paesi più responsabili dell’inquinamento atmosferico mondiale non erano nemmeno presenti: Cina, India e Russia. Gli Stati Uniti si sono almeno presentati. E la Germania, all’ultimo posto in Europa, vorrebbe obbligarci ad usare solo auto elettriche pur avenndo ancora una forte dipendenza dalle centrali a carbone.
impermeabili alla voglia di lamentarsi, viene però da chiedersi cosa succede a casa nostra. Lo scorso settembre, ad esempio, è passato sottotraccia il fatto che l’Alto Adige abbia comunicato il proprio “Piano Clima 2040”, al centro dei Sustainability Days organizzati in fiera a Bolzano.
Già nel 2011 l’Alto Adige si era dotato di un primo Piano Clima Energia che intendeva contenere la produzione di CO2 pro capite all’interno di certi limiti restrittivi entro il 2050. Poi quel piano è stato rielaborato per aggiornare modalità e parametri in funzione di quanto accaduto negli ultimi dieci anni, con la necessità di trovare soluzioni energetiche alternative, anche in funzione della crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina e alle successive speculazioni della finanza internazionale sul prezzo dell’energia. Il nuovo Piano Clima altoatesino esprime così la volontà della politica locale di impegnarsi ancora di più per mettere un freno alla situazione, anticipando molte scadenze del precedente e stabilendo 16 campi d’azione e i relativi ambiti di intervento.
La Provincia di Bolzano sta quindi sta facendo a livello locale quello che il Governo Italiano non ha ancora fatto a livello nazionale, ben sapendo che la propria sarà solo una goccia nel mare delle azioni necessarie a sanare la situazione ma anche consapevole che muovere una piccola pedina sullo scacchiere può scatenare tutta una serie di mosse virtuose successive. L’Alto Adige, che già oggi riesce a produrre sul territorio quasi il 100% dell’energia di cui ha bisogno e quasi tutta in maniera sostenibile, ha chiesto ai suoi cittadini ulteriori sacrifici: le emissioni di CO2 dovranno essere ridotte del 55% entro il 2030 e del 70% entro il 2037 rispetto ai livelli locali del 2019 per arrivare alla neutralità climatica entro il 2040. La quota di energie rinnovabili deve crescere dall’attuale 67% al 75% entro il 2030 e all’85% entro il 2035.
Cosa fare concretamente? Entro pochi mesi la Provincia annuncerà nello specifico il dettaglio delle azioni che verranno promosse sul territorio tra obblighi, divieti e incentivi: è facile prevedere una riduzione del traffico veicolare, se è vero che il 56% della produzione di CO2 avviene durante il trasporto su strada, il 37% della quale solo lungo la A22. Il traffico delle merci si sposterà naturalmente su rotaia quando entrerà in funzione la Galleria di Base del Brennero. Il 70% della produzione di metano e di ossidi di azoto avviene ovviamente in agricoltura e ci si dovrà porre rimendio, esattamente come si investirà sull’ammodernamento degli impianti di teleriscaldamento già presenti: le già realizzate 77 centrali sul territorio provinciale oggi fanno risparmiare alla comunità 300.000 tonnellate di emissioni di CO2.
Saranno incentivati per legge lo smartworking e i materiali da costruzione naturali e l’agricoltura biologica e il fotovoltaico (previsti +400MW entro il 2030), sarà migliorata la rete dei trasporti pubblici e delle ciclabili e le infrastrutture di trasporto dell’energia elettrica ad alta e media tensione. Sono solo parole (come hanno sospettato i due ambientalisti che erano presenti al convengo e che si sono fatti notare al termine della presentazione pubblica)? Solo il tempo potrà dircelo.
In Trentino, gli ultimi a prendere una posizione sull’argomento sono stati gli imprenditori durante la recente Assemblea provinciale di Confindustria a Riva del Garda. Al di là del fatto che il Presidente Fausto Manzana ha parlato anche di sostenibilità sociale ed economica, dal punto di vista ambientale Confindustria ha elaborato dieci proposte d’azione suddivise nei tre ambiti – industria, mobilità e territorio – per la crescita sostenibile del Trentino. Le proposte sono contenute nel documento “Transizione Sostenibile”, su cui l’Associazione ha lavorato nell’ambito del progetto “Duemilatrentino – Futuro Presente”.
Parlando di industria sostenibile, bisognerà lavorare sulle fonti rinnovabili ma anche sulla responsabilità sociale d’impresa e sulle competenze digitali. Si è trattato di riduzione dei consumi idrici, contrasto allo spopolamento e adeguamento delle strutture scolastiche. E poi ovviamente è stata la volta della mobilità sostenibile e del progetto di un anello ferroviario che integri le tre province dolomitiche che torna a far parlare di sè, anche in funzione delle prossime Olimpiadi: una linea ferroviaria dovrebbe disegnare i confini delle Dolomiti nel fondovalle e poi differenti soluzioni di mobilità leggera collegherebbero le valli. Si è anche parlato del progetto extraregionale sulla A22 che prevederebbe il primo corridoio green europeo: tra le altre cose, il costo della tariffa sarebbe dinanico e chi passasse alle 4 del mattino spenderebbe molto meno che negli orari più trafficati.
Fausto Manzana nel suo intervento ha parlato spesso delle nostre valli: ha chiesto al Presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, presente in sala di intervenire sui vincoli burocratici permettendo ai privati di investire, anche sul breve periodo, citando ad esempio l’annoso problema di trovare un posto a Cavalese per un biodigestore e chiedendo di trovare una soluzione sull’auspicato spostamento del traffico su bus la cui discussione tra Fiemme e Fassa è stata definita “spigolosa”.
Enrico Maria Corno